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La "salvezza" arriva dalla trasformazione, non dall'abbandono

Il mondo attuale, pur ferito e malato, non è destinato alla fine per sempre. Il problema è che molti cristiani hanno smarrito questa speranza
di Steno Sari lunedì 24 novembre 2025

3' di lettura

Fin da piccoli ci hanno insegnato che, dopo la morte, se si è in grazia di Dio, “si va in cielo”. L’anima, lasciato il corpo, vola verso un aldilà luminoso. $ una visione dolce e rassicurante ma, a ben guardare, più da filosofia greca che cristiana. Socrate avrebbe detto: «La nostra anima ... appena si allontana dal corpo ... non se ne andrà verso ciò che assomiglia, verso ciò che è invisibile, divino, immortale, intelligente, dove, un volta giunta, le toccherà di essere veramente felice, libera dagli erramenti, dalle stoltezze, dalle paure ... e dagli altri mali umani, passando tutto il resto del tempo con gli dèi?». (Fedone, 80 e 81 a, trad. di G. Reale).

Il teologo inglese Nicholas Thomas Wright- «uno dei più importanti pensatori cristiani contemporanei» per Time Magazine -, che alla Bibbia si è dedicato con il rigore dello storico e la passione del credente, in un suo libro dal titolo eloquente, “Sorpresi dalla speranza” (ed. Claudiana), ribalta il pensiero dei filosofi greci, riportando l'attenzione su una verità dimenticata: la speranza cristiana non è l’immortalità dell’anima, ma la risurrezione dei corpi. Secondo Wright la parola “anima” «si riferisce, non a un’entità spirituale ... ma a ciò che noi chiameremmo l’intera “persona” o “personalità” vista in rapporto con Dio». Una differenza enorme, che cambia tutto. Se la speranza è la risurrezione, allora la salvezza passa perla trasformazione di questo mondo, non per il suo abbandono. Non si tratta di fuggire dal mondo, ma di vederlo rinascere come “nuovo mondo”. Il cristiano non è un alieno in attesa di essere teletrasportato in cielo, ma uno che spera in un futuro migliore sulla terra. Ogni gesto di giustizia, ogni atto di bellezza, ogni scelta di verità - dice Wright - è una piccola anticipazione della vita futura, di quei “nuovi cieli e nuova terra” evocati dalla Bibbia. Sembra idealismo, ma è tutt’altro: è realismo evangelico, la visione più concreta che ci sia. Ricorda che il mondo attuale, pur ferito e malato, non è destinato alla fine per sempre.

Il problema è che molti cristiani hanno smarrito questa speranza. Si parla troppo poco del futuro Regno di Dio, della fiducia che Dio non abbandonerà l’opera delle sue mani e promette una vera e propria liberazione futura. $ la logica di Dio che si fa spazio dentro la logica del mondo, affinché la sua volontà “sia fatta come in cielo, così in terra”. La fede, insomma, ci invita a guardare il futuro con gli occhi aperti su un orizzonte più grande. Scrive Wright: «La parola escatologia, che letteralmente significa “lo studio delle ultime cose”, non si riferisce soltanto alla morte, al giudizio, al cielo e all’inferno, come un tempo si pensava (e come molti dizionari ancora definiscono il termine).

Si riferisce alla ferma convinzione della maggior parte degli ebrei del I secolo e di praticamente tutti i primi cristiani, che la storia stesse andando da qualche parte sotto la guida di Dio; e che dove stesse andando era verso il nuovo mondo di giustizia, guarigione e speranza di Dio. Il passaggio dall’attuale mondo al nuovo non sarebbe una questione di distruzione dell’attuale universo spazio-temporale, ma della sua radicale guarigione».

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