Qualcosa di nuovo che sa di antico. Annichiliti da guerre e totalitarismi proviamo a tornare indietro nei secoli. Alla culla della nostra civiltà è sull’Olimpo, tra l’ira degli dei e il nettare d’ambrosia. A suggerirlo è Marina Valensise nel suo ultimo libro, presentato ieri al Piccolo Teatro di Milano, Un cuore greco. Il ritorno ai classici nel Novecento (Neri Pozza, p.283, euro 19,95).
Titolo preso in prestito da Albert Camus che sentiva il suo muscolo cardiaco pulsare «come unica speranza contro un’ignobile Europa priva di bellezza». Già, la bellezza dei classici! Nel chiostro dedicato alla storica Nina Vinchi, il vicedirettore del Corriere della Sera Venanzio Postiglione, il critico musicale del Sole 24 Ore Carla Moreni e il grecista Giorgio Ieranò interrogano l’autrice.
Com’è nata l’idea di scrivere questo saggio? «Da un fatto realmente accaduto, quando un pomeriggio di tre anni fa Michel Houellebecq venne a visitatore il Teatro Greco di Siracusa» spiega la Valensise, consigliere dell’Istituto nazionale del dramma antico che faceva da guida allo scrittore francese. Tra i gradoni di pietra affacciati sul mare, si provava l’Ifigenia in Tauride di Euripide.
Il romanziere, dopo appena mezz’ora si alza e se ne va. Cosa era successo? «Non aveva capito nulla. Il suo disprezzo del dramma antico fu tale da costringerlo alla fuga» spiega. Un vero campanello d’allarme. In un mondo ben più distopico di quello dei romanzi di fantascienza, possiamo fare a meno di Omero, di Esiodo, dei drammi di Eschilo, della poesia di Sofocle? Ecco dunque arrivarle in soccorso una schiera di testimoni di quell’eredità. Non i soliti nomi, ma dieci figure più eccentriche, però eloquenti, una per ogni decennio del ‘900. «Si comincia con Hugo von Hofmannsthal e le sue celebri riscritture dei personaggi mito della classicità, come Edipo, Arianna, Elettra» spiega la Moreni.
Anche qui il rapporto con il teatro, proprio quella “settima arte” ereditata dagli antichi greci, è fondamentale. Il poeta austriaco racconta quando a Berlino nel 1903, durante una rappresentazione di Elettra per la regia di Max Reinhardt, la protagonista interpretata da Gertrude Eysold avesse spaventato a morte i critici del tempo con grida e strepiti «che sembravano venire da tempi remoti, con passi di bestia selvatica, sguardi dall’eterno caos».
Da Berlino a Parigi. Jean Cocteau porta in scena la sua Antigone. Le scene sono di Pablo Picasso, i costumi di Coco Chanel. Nel ruolo di Tiresia troviamo addirittura Antonin Artaud, l’attore e drammaturgo francese inventore del «teatro della crudeltà». Cocteau, sostenitore del teatro greco come popolare e antidoto a quello borghese, si era assegnato proprio la parte del Coro, amplificandola sul palco con un megafono. Ogni pagina del libro regala nuove scoperte.
Il monito è chiaro dobbiamo ritornare ai classici per sopravvivere anche alle tragedie dei nostri giorni. Cosa è successo oggi di irreversibile per accettare la tabula rasa dei classici? «Oggi, la novità prevale sulla tradizione, la curiosità cede alla brama totalitaria di futuro, anche a rischio di nutrire il nichilismo di individui che, privi di radici e di memoria, cadono in balia di una vita senza senso», spiega la Valensise. Nasce così necessario il racconto di personaggi straordinari, ora afflitti dalla perdita dei valori, attratti dallasolennità del dramma antico come Igor Stravinskij. Oppure smarriti nell’epos della guerra mondiale come l’ucraina Rachel Bespaloff, scampata all’Olocausto ma morta suicida nel 1948, che fa dello sconfitto Ettore l’eroe dell’Iliade.
«Il calabrese Corrado Alvaro porta in scena una Medea innocente, interpretata da Tatiana Pavlova, ispirandosi alle fattucchiere dell’Aspromonte» racconta Giorgio Ieranò. Henry de Montherlant reinterpreta l’amore di Pasifae, la moglie del re di Creta Minosse, per il Minotauro. E se Heiner Müller ricorre al mito di Filottete per parlare di stalinismo, Sarah Kane, che pose fine alla sua vita impiccandosi come l’eroina di Euripide, riscrive la storia di Fedra. «I greci dicevano che la misura è un valore e l’arroganza ha un prezzo. Oggi?» chiede Postiglione. «Per recuperare il senso della vita il cuore greco deve continuare a pulsare dentro noi» conclude la scrittrice.