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Dagli etruschi ad oggi, negli olivi di Civitavecchia lo stesso Dna

domenica 24 dicembre 2017

2' di lettura

Roma, 19 dic. (Labitalia) - Dagli etruschi ai giorni nostri, con un patrimonio genetico praticamente intatto. Sono gli olivi dell'entroterra di Civitavecchia, che, secondo quanto scoperto dallo studioso di storia Vincenzo Allegrezza e dall'archeologa Francesca Pontani, sono i diretti discendenti di quelli coltivati dagli etruschi. La scoperta, documentata dalla Rivista di Storia dell'Agricoltura, della prestigiosa accademia dei Georgofili, è stata fatta studiando i siti di antiche fattorie romane e pre-romane con resti di frantoio (cioè presse olearie in pietra). Un’équipe del Cnr-Ibbr di Perugia ha selezionato ventisette campioni dalle presenze arboree di questi olivi presenti nei siti, campionando foglie, ma anche frutti, che generalmente sono di dimensioni ridotte rispetto alla media degli olivi coltivati di piccole dimensioni. Il Dna è stato estratto da ogni campione e sono state effettuate le prime indagini genetiche. "I dati preliminari che sono emersi dall’esame dei marcatori plastidiali 28 utilizzati su queste piante -scrivono i due ricercatori- hanno confermato che quasi tutti i campioni analizzati possiedono lo stesso genoma plastidiale dei selvatici situati al centro e ovest del Mediterraneo. Questo potrebbe far supporre la possibile origine delle coltivazioni olivicole del complesso e articolato panorama del comprensorio di Civitavecchia in epoca anche preromana dalla messa in coltura di piante selvatiche già presenti nel territorio". Insomma, spiega Vincenzo Allegrezza a Labitalia, "tutti i campioni prelevati in questi olivi sono veri olivi che dal periodo etrusco non sono stati sottoposti ad alcuna modifica o a innesti: i frantoi dimostrano un vasto panorama di olivi selvatici 'veri' con un patrimonio genetico storico da salvaguardare". Infatti, per Allegrezza, "accanto al patrimonio umano, archeologico, pittorico, c'è anche un patrimonio genetico da salvare". "Ecco perché -dichiara- gli incendi hanno fatto danni irreparabili. Vorremmo fare un database di questo patrimonio genetico, ma ci rendiamo conto che ciò è difficile da realizzare".

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