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Bolli, rincari su autenticazioni, fatture e anche le nozze

di Andrea Tempestini domenica 30 giugno 2013

Enrico Letta

3' di lettura

di Claudio Antonelli Salta l’Iva. Serve un miliardo per lo slittamento e si innesca un circolo vizioso. Serve anche un miliardo a pioggia per favorire le assunzioni di alcune categorie di giovani. Perché in Italia di tagliare la spesa pubblica proprio non se ne parla. Così ieri il gioco delle tre carte ha previsto ritocchi sugli acconti Irpef. Per le aziende fino al 101%. Bella fregatura. Sempre ieri è spuntata sulla Gazzetta Ufficiale un’altra fregatura, utilizzata a coprire un altro miliardo di maggiore spesa destinata alla ricostruzione del terremoto del 2009 in Abruzzo. Finalità sacrosanta, ma zitto zitto il Parlamento, con il beneplacito morale del governo Letta, si è inventato una accisa sugli atti.  Da ieri tutti i bolli fissi da 1,81 euro aumentano a 2 euro e quelli da 14,7 a 16 euro. Per sempre. Pochi centesimi direte? Dalle comunicazioni dei commercialisti, nonostante l’aridità del linguaggio, si capisce che non è roba da poco: «La legge 24 giugno 2013 n. 71, di conversione del Dl 43/2013, approvata dal Senato in data 21 giugno 2013, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 147 del 25 giugno e in vigore da ieri, prevede una rilevante novità, destinata ad avere un largo impatto sui contribuenti». Largo impatto perché inserita a tappeto su tutte le imposte fisse sotto forma di marche da bollo. Tutti gli atti rogati o autenticati da notai, estratti o copie conformi all’originale costeranno non più 14,7 euro a pagina ma 16. Idem tutte le scritture private. Stessa sorte gli atti di notorietà e le pubblicazioni di matrimonio. Cosa saranno 2,3 euro in più per chi si sposa e deve affrontare i costi del banchetto nuziale? Niente. Se però si pensa che nel 2012 si sono sposate oltre 200mila coppie,  la cifra raccolta dallo Stato solo sugli sposalizi passa da poco più di 2,9 milioni a quasi 3,3. Ma il rastrellamento di fondi vero e proprio avverrà sui bolli di importo basso. Le fatture, le note, i conti e i documenti simili, «recanti addebitamenti o accreditamenti, anche non sottoscritti» da ieri sono soggetti a  2 euro di bollo. Per ogni esemplare. Insomma, più lavori, più  fatturi e più paghi.  Poi restano le quietanze e gli altri documenti che trattano di obbligazioni pecuniarie. Immaginando che nel frattempo la burocrazia non inventi altri documenti su cui apporre i famigerati bolli. «Si tratta di una modifica in sede di conversione in legge del decreto Monti e serve per la copertura delle ulteriori spese a finanziamento della costruzione in Abruzzo post terremoto», spiega a Libero Enrico Zanetti, deputato di Scelta Civica e vice presidente della Commissione Finanze, «è chiaramente una scelta riconducibile a questo esecutivo e a questo Parlamento. In sostanza non è altro che un meccanismo simile alle accise sulla benzina. Una ulteriore anomalia se si pensa che in molte nazioni europee non esistono nemmeno imposte paragonabili a queste».  Una beffa se si tiene conto che gli aumenti arrivano il giorno in cui per rinviare di tre mesi l’Iva si chiede alle aziende di fare un ulteriore sforzo. Certo non più tasse, ma tutte anticipate. «Mi chiedo perché per pagare l’Iva tre mesi dopo», spiega Alberto Marchiori, presidente di Confcommercio International, «siamo chiamati a versare un po’ più di Irpef, Irap e Ires sei mesi prima?». La domanda retorica non ha risposta. Ma ci sono sempre le sigarette elettroniche dalle quali il governo potrà trarre copertura. Fumo su fumo.

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