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Ue, il timore di Matteo Renzi: la mannaia di José Manuel Barroso sulla finanziaria italiana

di Giulio Bucchi domenica 5 ottobre 2014

2' di lettura

I nemici di Matteo Renzi sono in Europa. Il premier teme imboscate sulla finanziaria, che dovrà essere consegnata entro il 15 ottobre a Bruxelles e che verrà approvata, si spera, dalla Commissione Ue il 30 dello stesso mese. Eppure, non tutto può filare liscio. La guerra anti-austerità iniziata dalla Francia a cui l'Italia si è accodata in maniera un po' incerta rischia infatti di lasciare sul campo morti e feriti. "Ci sono alcuni soggetti della Commissione europea dei quali non ci fidiamo", confidano esponenti vicini a Palazzo Chigi a Repubblica. Le trame di Barroso - Nel mirino c'è il presidente uscente della Commissione, il portoghese José Manuel Barroso, che prima di lasciare la poltrona al neo-eletto Jean-Claude Juncker sarà chiamato a vagliare la legge di stabilità italiana insieme a un falco Doc del rigore come Katainen (oggi commissario delle Politiche economiche e futuro vicepresidente con Juncker). Il sospetto malizioso dei renziani è che Barroso aspirando alla carica di presidente del Portogallo possa giocarsi la carta dell'inflessibilità con Francia e Italia dopo non aver fatto sconti al proprio Paese negli scorsi anni. Se Lisbona ha versato lacrime e sangue, lo stesso dovranno fare anche Parigi e Roma, sarebbe in succo la posizione di Barroso. Dall'altra parte, però, ci sarebbe la disponibilità di Juncker a mediare con gli anti-rigoristi, anche in virtù di settimane di (buone) trattative per le varie poltrone comunitarie con i socialisti europei di cui Renzi e François Hollande sono i massimi esponenti. Comunque tasse - In ballo c'è però il futuro stesso dell'Unione europea: la Francia, rifiutando di rispettare il tetto del 3% del rapporto tra deficit e Pil, si sta avviando verso pericolose misure di infrazione, come ammesso dallo stesso futuro commissario economico di Juncker, il francese Pierre Moscovici. Niente sconti per nessuno, insomma. Renzi ha ribadito, almeno a parole, di voler stare con Parigi anche se nei fatti l'Italia il 3% non lo sfonderà, a costo di riempire di tasse i suoi contribuenti. Certo, c'è sempre la questione del pareggio di bilancio rinviato al 2017 a causa dei mancati tagli al deficit strutturale che potrebbe irritare Bruxelles. In cambio, però, il governo prometterà all'Ue che se il pareggio di bilancio nel 2017 non verrà rispettato scatterà la solita causa clausola di salvaguardia che prevede l'aumento dell'Iva. Poco cambia, per le tasche degli italiani: se non si rispettano i patti, si pagherà. Se si rispettano i patti, si pagherà lo stesso.

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