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L'Inps rivuole indietro gli sconti fiscali

Dietrofront sulle assunzioni di chi aveva perso il posto nel 2012. Ogni imprenditore ci rimette 5mila euro
di Giulio Bucchi giovedì 31 ottobre 2013

Elsa Fornero, ex ministro del Welfare, e Antonio Mastrapasqua, presidente dell'Inps

3' di lettura

Il banco vince sempre. Con un mano elargisce e con l’altra toglie. Nel 2012 il governo Monti aveva annunciato sgravi per la piccola mobilità. Le aziende, che avessero assunto dipendenti rimasti a spasso per giustificato motivo nell’ambito di attività artigianali, avrebbero usufruito di interessanti sgravi contributivi. In poche parole alle imprese sarebbero costati il 10% contro circa il 30 normalmente previsto. Ottima Idea. Adesso però con una circolare dello scorso 25 ottobre per molte aziende quegli sconti dovranno essere restituiti all’Inps. In denaro sonante. Cornuti e mazziati, insomma. Su imput dell’ex ministro Elsa Fornero a partire dal primo gennaio scorso è  stato messo un macigno sulla piccola mobilità, per vent’anni dedicata a chi perdeva il posto nelle Pmi.   A marzo, poi, l’Inps ha fornito importanti precisazioni in merito alla mancata proroga, per il 2013, della possibilità di iscrizione nelle liste. Specificando che in attesa di direttive da parte del ministero del Lavoro e in via cautelare doveva intendersi anticipata al 31 dicembre 2012 la scadenza di tutti i benefici connessi ai rapporti agevolati. In altre parole stop ai circa 300 euro al mese di benefici per neo assunto. Ora la batosta. Figlia di una delle peggiori abitudini dei governi italiani: la retroattività. Quindi, salvo contrordine da parte della politica, dovrà essere restituita una media di 5mila euro per ciascuna azienda interessata. Cioè che abbia assunto un dipendente. «Nel giro di pochi mesi prendiamo atto che per il governo esistono licenziati di serie A, quelli espulsi  dalla grande industria che portano in dote per una loro ricollocazione incentivi, e licenziati di serie B, quelli dell’artigianato e del piccolo commercio», commenta Mario Pozza, presidente della Confartigianato Marca Trevigiana, «per i quali non esistono vantaggi specifici  alla loro riassunzione e addirittura per quanti reintegrati sino al 31 dicembre del 2012, vige a partire dal 25 ottobre un costoso contenzioso con l’Inps, che può variare tra  4 e 6 mila euro per la restituzione degli sgravi». Soltanto a Treviso, dove gli artigiani hanno preso la calcolatrice per fare due conti, sono stati 300 i lavoratori interessati. Per una media di 5mila euro ciascuno fa un totale di 1,5 milioni di euro. Non poco di questi tempi in cui la liquidità vale più che l’acqua nel deserto. «Speriamo che questa assurdità, in piena violazione del principio di irretroattività della legge», ha concluso Pozza, «venga rivista per riportare equità tra i lavoratori e per reintrodurre sistemi incentivanti alle assunzioni migliori rispetto a quelle del passato».  Il punto sta tutto nel concetto di retroattività. Purtroppo periodicamente riproposto in barba allo Statuto dei Contribuenti (violato dal 2000 al 2012 almeno 450 volte). Che regolarmente diventa carta straccia con una semplice parolina inserita nei decreti o nelle leggi. Ovvero, in deroga.  È successo nella legge di stabilità del 2012 nella quale l’abbattimento a detrazioni e deduzioni e il limite di franchigia si applicava ai redditi dell’anno in corso. A differenza dell’abbattimento di un punto delle aliquote Irpef dei due scaglioni più bassi che invece veniva applicata ai redditi 2013 in conguaglio fiscale nel 2014. Vale pure per il redditometro che di fatto indaga a partire dal 2009. Nel caso degli sgravi contributivi c’è però una ulteriore beffa. Molti imprenditori non avrebbero preso impegni datoriali senza quelle opportunità e ora li si lascia con meno soldi in cassa e i dipendenti da pagare a tariffa piena. di Claudio Antonelli

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