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Autonomia, Sud abbandonato? Falso, corre più del resto d'Italia

Michele Zaccardi
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Pnrr, fondi europei ed esportazioni. Sono questi gli ingredienti della straordinaria performance economica del Mezzogiorno, che l’anno scorso, per la prima volta dal 2015, è cresciuto di quasi mezzo punto in più del resto dell’Italia. Un’espansione che si è riflessa anche nella dinamica occupazionale, con le regioni del Sud che hanno visto gli occupati aumentare del 2,6% su base annua a fronte di una media nazionale dell’1,8%.

Risultati che il premier, Giorgia Meloni, ha rivendicato. «Abbiamo scelto fin dal primo momento di impegnarci per un’Italia più forte e più giusta, assicurando più autonomia, più coesione e più sussidiarietà, che rappresentano i cardini del disegno di legge sull’autonomia differenziata, ossia l’esatto contrario delle logiche del passato incentrate su politiche meramente assistenziali, soprattutto nel Mezzogiorno» ha scritto il presidente del Consiglio su X. «A queste logiche» ha aggiunto, «abbiamo risposto con la programmazione di politiche attive per l’occupazione e per lo sviluppo economico delle regioni del Sud».

A certificare la riscossa del Mezzogiorno è Svimez, che per il 2023 stima un incremento del Pil dell’1,3%, contro il +0,9% dell’Italia. Soprattutto, il Sud ha registrato una crescita superiore a tutte le altre macro-aree del Paese: basti pensare che il Nord-Ovest è cresciuto dell’1%, il Nord-Est dello 0,9% e il Centro dello 0,4%. I differenziali di crescita tra la aree sono spiegati dalla diversa composizione del tessuto produttivo. A trainare l’aumento del Pil delle regioni del Sud sono state le costruzioni (+4,5%, quasi un punto percentuale in più della media del Centro-Nord) e i servizi (+1,8%). Mentre l’industria, meno rilevante per l’economia del Mezzogiorno, ha registrato una contrazione dello 0,5%. Industria che invece ha pesato sulla crescita del Nord Italia (+1%): il valore aggiunto del settore è calato infatti dell’1,4%.

Ma il diverso andamento delle due aree del Paese è stato influenzato anche dal contributo della domanda estera. Al Centro-Nord, lo stallo dell’export (-0,1% sul 2022) ha privato le economie locali di un tradizionale traino nelle fasi di ripesa. Al contrario, al Sud l’incremento delle esportazioni di merci, al netto della componente energetica, ha toccato il +14,2% (+16,7% i beni strumentali; +26,1% i beni non durevoli).

Sulla crescita del Pil del Mezzogiorno ha inoltre inciso l’avanzamento degli investimenti pubblici che, nel 2023, sono aumentati del 16,8% contro il +7,2% del Centro-Nord. Nel complesso delle regioni meridionali gli investimenti in opere pubbliche sono passati da 8,7 miliardi nel 2022 a 13 miliardi (+50,1% contro il +37,6% nel Centro-Nord). Una dinamica sulla quale, spiega Svimez, dovrebbe aver inciso la realizzazione delle opere del Pnrr, oltre all’accelerazione della spesa dei fondi di coesione europei, in vista della chiusura del ciclo di programmazione 2014-2020. Entrando nel dettaglio, Svimez stima che la maggiore spesa in opere pubbliche (Pnrr e altri fondi) ha contribuito alla crescita del Pil del Mezzogiorno del 2023 per circa mezzo punto percentuale. Al contrario, gli incentivi alle imprese sono aumentati del 16% contro il +26,4% del Centro-Nord. Un divario che riflette la minore capacità del tessuto produttivo meridionale, caratterizzato da poche aziende di grandi dimensioni, di assorbire i sussidi destinati al miglioramento tecnologico e digitale.

Ma la crescita che il Mezzogiorno ha messo a segno nel 2023 non è un caso isolato, visto che si inserisce nella fase di ripresa post-Covid iniziata nel 2021.
Tra il 2019 e il 2023, le regioni del Sud hanno registrato un incremento del Pil del 3,7%, superando il Nord-Ovest (+3,4%) e, soprattutto, il Centro Italia (+1,7%). Secondo Svimez «l’inedita intonazione di segno marcatamente espansivo della politica di bilancio» ha contribuito «a scongiurare l’apertura del divario di crescita Nord-Sud osservato in precedenti fasi di ripresa».

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