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Bollette, gas ai massimi: conseguenze pesanti, quanto pagheremo in più

di Michele Zaccardi mercoledì 12 febbraio 2025

3' di lettura

Giornata contrastata per il gas, ma che vede proseguire la corsa del prezzo. Ieri le quotazioni hanno superato i 59 euro al megawattora, ritoccando i massimi da febbraio 2023 già toccati alla vigilia. L’attenzione si concentra sul livello degli stoccaggi europei mentre si attendono gli esiti della riunione dei trader a Essen, in Germania, per fare il punto sugli sviluppi del mercato. Ad Amsterdam le quotazioni, come detto, sono salite dell’1,57% toccando il massimo di giornata a 59,39 euro al megawattora, per poi ritracciare a a 57,6 euro al megawattora, in calo dello 0,6%.

Secondo Assoutenti, le tensioni sui mercati del gas si rifletteranno direttamente sulle bollette delle famiglie italiane. Le tariffe attuali risultano in media superiori del 21,1% rispetto allo stesso periodo del 2023. «Una famiglia tipo con un consumo di 1.400 metri cubi di gas si ritrova a pagare circa 309 euro in più rispetto al 2024», ha dichiarato il presidente di Assoutenti, Gabriele Melluso. Ma la situazione potrebbe peggiorare se i rincari dovessero continuare. Un momento cruciale sarà il 26 febbraio, quando la Commissione presenterà un nuovo piano per affrontare la crisi energetica. L’attenzione è rivolta anche ai livelli degli stoccaggi. In Italia, al 10 febbraio, i siti di stoccaggio risultano pieni al 58%, una percentuale inferiore a quella del 2023 (61%) ma superiore alla media degli ultimi cinque anni (55%). In termini assoluti, considerando anche la riserva strategica, la disponibilità in giacenza è oggi di 11,1 miliardi di metri cubi, leggermente inferiore agli 11,4 miliardi del 2023 ma ben al di sopra della media quinquennale di 10,3 miliardi. Insomma, per il nostro Paese la sicurezza energetica pare garantita.

Tuttavia, siccome il prezzo del gas determina quello dell’energia elettrica, il rischio, come sottolineato da Assoutenti, è che ci siano riflessi sulle bollette di famiglie e imprese. Come riporta il Sole 24 Ore, in Italia il gas naturale, nonostante rappresenti circa il 40% del mix nella generazione energetica, stabilisce il prezzo dell’elettricità nel 90% delle ore (nell’Ue il gas copre il 20% della produzione e determina il 63% delle ore). Il nostro Paese è inoltre al primo posto della classifica europea per numero di ore in cui è il gas a fissare il prezzo. E per questo in Italia si registrano valori all’ingrosso superiori del 25% rispetto a quelli tedeschi, del 40% rispetto a quelli francesi e del 48% rispetto a quelli spagnoli. Un differenziale che è stato una costante negli ultimi 20 anni.

D’altra parte nella sesta settimana del 2025 (da lunedì 3 a domenica 9 febbraio) il Gme (Gestore dei mercati energetici) ha registrato un prezzo medio all’ingrosso dell’energia elettrica (il Pun, prezzo unico nazionale) pari a 153,81 euro al Megawattora in decisa crescita rispetto alla media di gennaio, che ha chiuso a quota 143 euro. Un anno fa, a gennaio 2024, la media mensile era di 99 euro al Megawattora: l’aumento rispetto ad allora è del 44%.

Le quotazioni hanno cominciato a salire in modo marcato a partire da ottobre, quando, secondo i dati del Gme, la media mensile si era attestata a 116 euro al MWh, diventati 130 a novembre e 135 a dicembre. Ieri il prezzo medio, come esito del mercato del giorno prima (il metodo con cui si calcola il valore nella borsa elettrica incrociando domanda e offerta per unità di produzione e unità orarie) si è attestato a 166 euro. Cifra che verrà superata oggi: il Gme ha comunicato infatti che il prezzo all’ingrosso sarà di 171,88 euro. In Italia la media dell’intero 2024 ha toccato i 108 euro al MWh, contro i 127 del 2023, i 304 del 2022 e i 125 del 2021.

Sul tema è intervenuto il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini. «L’industria italiana continua a dimostrare la sua forza, ma c’è un problema che non possiamo più ignorare: il costo dell’energia inammissibile. Paghiamo molto più dei nostri competitor europei, fino all’87% in più rispetto alla Francia, il 38% rispetto alla Germania e il 72% rispetto alla Spagna. Un divario del genere non è sostenibile. Ogni giorno che passa senza interventi concreti pesa sulle nostre imprese e sulla nostra competitività» ha dichiarato. Per il numero uno di Confindustria, «serve un sostegno concreto alle imprese energivore, un’accelerazione sulle politiche di adozione di un nucleare sicuro, con Smr (i piccoli reattori di nuova generazione, ndr) posizionati strategicamente. E soprattutto, dobbiamo separare in bolletta il prezzo delle energie rinnovabili da quello delle fonti fossili e costruire una politica industriale europea che garantisca prezzi equi».

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