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Prima denunciano le incertezze causate dai dazi. Poi tirano fuori stime al millimetro sui loro effetti

In questa oggettiva e caotica baraonda c’è chi è convinto di poter usare lo stesso i suoi modelli predittivi e le sue infallibili equazioni
di Sandro Iacometti venerdì 18 aprile 2025

3' di lettura

Fermi tutti. Fino ad oggi le principali istituzioni finanziarie ci hanno spiegato che la guerra dei dazi, in parte attuata e in parte minacciata da Donald Trump, è una delle più grandi fonti di incertezza sull’economia globale. Le merci possono diminuire, i prezzi salire, le materie prime andare in tilt, ecc ecc. Analisi non troppo sofisticate, ma di buon senso visto che la maggior parte delle tariffe è stata sospesa per 90 giorni, che il presidente Usa ha fatto chiaramente intendere di voler avviare negoziati con la maggior parte dei Paesi, che persino con la Cina ci sono spiragli per una trattativa. Insomma, lo scenario è in continua evoluzione, come testimoniano del resto anche gli andamenti di Borsa, con i titoli che continuano ad andare su e giù inseguendo il momento.

In questa oggettiva e caotica baraonda, però, c’è chi è convinto di poter usare lo stesso i suoi modelli predittivi e le sue infallibili equazioni. Avete presente quei pronostici che anche quando il mare è calmo e il sole splende si avverano raramente e che non a caso vengono aggiornati periodicamente per evitare clamorose figuracce? Ecco, gli economisti continuano a prendere legnate dalla realtà, ma non riescono a rinunciare al gusto di predire il futuro. La ormai grottesca ossessione delle Cassandre nostrane è andata in scena ieri in Parlamento nel corso della raffica di audizioni sul Documento di finanza pubblica appena licenziato dal governo. Sentite qua. «L’eventuale perdurare dell'incertezza e un aumento delle tensioni commerciali» avrebbero sulla crescita del Pil un impatto negativo di 2 decimi di punto nel 2025 e di tre decimi nel 2026, stima l'Istat, che parla di una «valutazione parziale e soggetta alla difficoltà di ipotizzare non solo l'evoluzione delle principali variabili esogene ma anche la risposta di politica economica e commerciale da parte di governi e banche centrali». A questo punto ci chiediamo: ma di fronte ad una “perdurante incertezza” e alla “difficoltà di ipotizzare le variabili esogene” e pure le risposte di governi e banche centrali, come diamine si possono sparare numeri precisi, addirittura decimali, sull’evoluzione del Pil?

Sullo scivoloso terreno si è avventurata anche Bankitalia, che però si è limitata a fare previsioni sul Pil simili a quelle già presentate dal governo, affiancate dall’avvertenza che potrebbero essere totalmente sovvertite, in meglio o in peggio, «dagli elementi di incertezza che gravano su questo quadro». Unica certezza, rivolta al passato e quindi poco discutibile, è che il «drastico ridimensionamento del superbonus» ha consentito di migliorare sensibilmente il saldo primario dei conti pubblici nel 2024. Tanto per dare un segnale al popolo grillino che ancora continua a decantare i benefici delle ristrutturazioni “gratuite”. A concludere la fiera delle stime lunari ci ha pensato l’Ufficio parlamentare di bilancio, che ha anche il delicato compito di validare i conti previsionali del governo. Qui si raggiunge l’apotesi. Sgombrato il campo da forchette, finestre e oscillazioni, l’Upb snocciola cifre con una sicurezza che manco Romano Prodi con le sue mitiche sedute spiritiche riuscirebbe ad eguagliare. Ecco qua la profezia: i dazi impatteranno «su quasi tutti i settori dell'economia italiana», avverte l'Ufficio parlamentare di bilancio, «con una perdita a livello aggregato di valore aggiunto nell'ordine di tre decimi di punto percentuale» e in termini di occupazione un effetto quantificabile «in circa 68 mila occupati totali in meno». Non 67 o 69, ma esattamente 68. E il Divino Otelma muto.

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