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Il presidente Anac denuncia illegalità nel mondo degli appalti che dipende da lui

Troppi affidamenti diretti e conflitti d'interesse. Ma Busia che ci sta a fare?
di Sandro Iacometti mercoledì 21 maggio 2025

3' di lettura

Allora,ricapitoliamo. Troppi affidamenti diretti di appalti, troppi «piccoli e grandi» conflitti d'interesse che minano la credibilità delle istituzioni, una «grave carenza» rappresentata dall'assenza di una disciplina organica sulle lobby, troppi incidenti e troppe morti sul lavoro. Poi, la chicca conclusiva: il Pnrr è in grave ritardo con un andamento della spesa che in alcuni settori è inferiore al 30% delle risorse destinate.

Lo scenario degli appalti pubblici descritto dal presidente dell’Anac Giuseppe Busia al Parlamento è degno di un girone dantesco. Non c’è un bullone che sia al posto giusto e ben avvitato.
Tutto scricchiola, fa acqua, va a rotoli, non funziona. Il mondo degli appalti è il regno del malaffare, della corruzione, delle truffe e della malagestione. Uno schifo, per riassumere. Quadretto su cui, manco a dirlo, si avventano le opposizioni. «La relazione restituisce un quadro allarmante e non più tollerabile tuona Angelo Bonelli, deputato di Alleanza Verdi e Sinistra - siamo di fronte a un sistema di appalti sempre più opaco, in cui la scorciatoia dell'affidamento diretto è diventata la regola e non più l'eccezione». Cecilia Guerra (Pd) parla di «numeri spaventosi» riguardo alle violazioni delle norme su salute e sicurezza sul lavoro: «significa che le politiche di deregulation, a partire dalla liberalizzazione dei subappalti a cascata, ha contribuito a far crescere il rischio degli incidenti». Per il segretario della Cgil, Maurizio Landini, «mentre qualcuno racconta un Paese che non c'è, la relazione annuale dell'Anac ci mette di fronte a verità scomode, soprattutto quando si parla di risorse pubbliche, e ci fornisce indicazioni preziose: dalla corruzione ai rischi dovuti ai subappalti a cascata. L'Autorità - prosegue - evidenzia come siano in crescita gli incidenti sul lavoro anche negli appalti pubblici che dovrebbero essere un modello».

Ora, ammettiamo che ciò sia vero. E che sia necessario intervenire. A chi ci rivolgiamo? Alla politica, ovviamente, poi alla magistratura e alle autorità, infine alle imprese. Ma c’è un altro soggetto che dovrebbe avere voce in capitolo e assumersi le sue responsabilità, perché è chiamato ad effettuare controlli preventivi e successivi sui contratti pubblici per garantire la trasparenza e la legalità degli affidamenti. E questi controlli hanno proprio lo scopo di prevenire irregolarità e assicurare che le procedure siano corrette e rispettino le norme vigenti. Bene, indovinate un po’ di chi si tratta? Dell’Autorità nazionale anticorruzione presieduta da Giuseppe Busia.

Detto questo, si può ipotizzare che il presidente di una autorità anticorruzione abbia l’interesse ad ingigantire i fenomeni di corruzione per dare maggiore importanza al suo ufficio, che se tutti rigassero dritto non avrebbe motivo di esistere. Oppure, come a volte capita, è possibile che Busia ce l’abbia col governo perché non ha accolto tutti i suoi suggerimenti nella definizione delle nuove regole sugli appalti. Difficile dirlo. Una cosa, però, è sicura. Il capo dell’Anac non è un esponente dell’opposizione, né un dirigente di un’associazione dei consumatori o di una Ong, né, tantomeno, un semplice osservatore. Ma è colui che dovrebbe effettuare i controlli preventivi per combattere, contrastare e arginare tutto ciò che di orribile e terrificante che viene denunciato nella relazione appena presentata in Parlamento. Se la situazione è davvero così catastrofica come dice, forse pensare ad un passo indietro non sarebbe così bizzarro.

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