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Orsini sprona Bruxelles: "Serve cambiamento radicale"

mercoledì 28 maggio 2025

2' di lettura

Sul Green Deal, l’errore è stato anteporre l’ideologia al realismo e alla neutralità tecnologica: ci siamo dati i tempi e gli obiettivi ambientali più sfidanti del mondo, ma senza alcuna stima degli effetti e dei costi sull’industria e sui lavoratori». 


Emanuele Orsini, all'assemblea degli industriali a Bologna, attacca le politiche ecologiche dell’Ue. Secondo il presidente di Confindustria, «il resto del mondo non condivide né i nostri standard, né i nostri costi, e tutto ciò ci porta fuori mercato. Ma non siamo i soli a chiedere una svolta. Sono con noi tutte le Confindustrie europee», a cominciare dall’automotive. Perché, aggiunge Orsini, «il rischio concreto è di avere auto sempre più costose, con il risultato di cedere quote di mercato sempre maggiori ai concorrenti cinesi». Alle politiche europee, prosegue, «serve un radicale mutamento di impostazione: le scelte degli ultimi anni stanno presentando un conto pesantissimo».

Le decisioni di Bruxelles hanno infatti «indebolito la nostra competitività industriale, messo a rischio centinaia di migliaia di posti di lavoro e, di conseguenza, l’intero sistema di welfare e di coesione sociale: cuore del modello europeo dal secondo dopoguerra». Per questo, Orsini chiede al governo e al Parlamento Ue «di sostenere, a Bruxelles, un Piano industriale straordinario europeo. Se le politiche rimangono solo nazionali, continueremo con la frammentazione che ha caratterizzato l’Europa finora, e non riusciremo a far crescere la massa critica degli investimenti industriali e delle innovazioni tecnologiche». La richiesta è quella di un piano triennale per l’industria italiana da 8 miliardi l’anno. Orsini ha poi criticato il costo eccessivo dell’energia. All’assemblea di Confindustria era presente anche l’ad di Intesa, Carlo Messina. Dopo aver ribadito l’impegno delle banche nel sostenere le imprese, Messina ha detto che le aziende hanno bisogno di maggiore certezza a livello internazionale e che i fondi del Pnrr vengano spesi. «Se non sarà così, credo che non arriveremo alla crescita del 2% l’anno prossimo, ma l’Italia ha bisogno di crescere a livelli oltre il 2%» per garantire «la sostenibilità del debito pubblico».

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