E ora a tentare di mettere le mani sulle banche italiane ci si mette direttamente Bruxelles. Va letto come un vero e proprio assalto da parte della Ue che ha messo il nostro sistema creditizio nel mirino. Già perché dopo la sentenza del Tar del Lazio che, sabato scorso, ha accolto in parte il ricorso dei vertici di Unicredit (in Borsa ieri ha chiuso a 58,24 a +0,5%) sull’utilizzo da parte del governo del “golden power” considerato dalla banca di Piazza Gae Aulenti subito illegittimo, ieri è stata la Commissione Ue ad entrare a gamba tesa sul delicatissimo dossier. Noi, del resto, l’avevamo già detto e scritto da tempo.
Precisamente era l’inizio di aprile quando avevamo anticipato che la Commissione Ue aveva intimato all’Italia di non occuparsi dell’operazione Unicredit-Banco Bpm. E quello che subito non ci era andato giù era il fatto che a Bruxelles si potesse pensare che la nostra sovranità sui risparmi fosse considerata sospesa. Nella lettera inviata ieri al Belpaese dalla Dg Comp, l’esecutivo comunitario, ora si chiedono chiarimenti sul decreto dello scorso 18 aprile (il “golden power”) e sulle prescrizioni all’Ops di Unicredit su Piazza Meda (ieri ha guadagnato il 5,1% a 10,54 euro) visto che, per la Ue, «potrebbe costituire una violazione dell’art.21 del Regolamento Ue». L’articolo in questione riguarda le concentrazioni e altre disposizioni del diritto Ue, tra cui quelle sulla libera circolazione dei capitali e sulla vigilanza prudenziale da parte della Bce.
«Gli Stati membri possono adottare misure per tutelare interessi legittimi come la sicurezza pubblica, ma tali misure devono essere proporzionate, motivate e compatibili con il diritto Ue» ha precisato ieri la Commissione. A stretto giro sono poi arrivate anche le dichiarazioni del portavoce dell’esecutivo comunitario, Thomas Regnier: «Abbiamo dubbi che questo decreto soddisfi effettivamente le condizioni stabilite nell’art. 21 del regolamento sulle fusioni» ha detto. In più da quanto trapela da Bruxelles i rilievi di Palazzo Berlaymont non valuterebbero le condizioni date per approvare l’operazione, mala possibilità stessa per l’Italia di poterle imporle». Come se non avessimo più la sovranità dei nostri risparmi.
Immediata è giunta da Palazzo Chigi la replica alla Ue particolarmente conciliante sul piano istituzionale: «ll governo italiano» si legge nella nota diffusa, «con spirito collaborativo e costruttivo risponderà ai chiarimenti richiesti così come già fatto in sede giurisdizionale dinanzi al Tar nei termini e con motivazioni ritenute già legittime dai giudici del Tar». «In base alla risposta dell’Italia alla valutazione preliminare del Dg Comp e alla sentenza del tribunale italiano, la Commissione Europea valuterà i prossimi passi» ha ribadito ieri un portavoce della Ue. Ma probabilmente già solo l’interlocuzione tra Ue e il governo dovrebbe sciogliere per sempre i dubbi di Bruxelles.
Questi i fatti, ma poi in pochi minuti s’è alzato il gran polverone della politica. Il primo che ha reagito in modo ruvido è stato il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti e vicepremier, Matteo Salvini: «Penso che la Ue abbia cose più importanti di cui occuparsi», ha detto, «invece di rompere le scatole su balneari, spiagge, motorini, auto elettriche e banche. Il sistema bancario è un asset strategico per il Paese, l’Italia può e deve normare come ritiene, senza che da Bruxelles nessuno intervenga».
Più pacata la reazione dell’altro vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani: l’Ue si occupa di ciò di cui si deve occupare e questa è materia di competenza pure dell’Ue» ha detto senza polemiche. Dura l’opposizione: «È una sconfitta su tutta la linea, in particolare per il ministro Giorgetti. Il governo farebbe bene a ritirare il golden power"» ha spiegato Antonio Misiani (Pd). «Siamo davanti a un’altra figuraccia del governo» gli ha fatto eco Gaetano Pedullà (M5S). «Oggi, alla sentenza del Tar, s’è aggiunta la lettera della Ue» ha sottolineato il deputato di +Europa, Benedetto Della Vedova. «La scelta di Meloni e Giorgetti di mettere il “golden power“sulla scalata di Unicredit a Bpm s’è rivelata illogica, sbagliata e dannosa per l’Itallia e pure in violazione delle leggi italiane e Ue».
A questo punto la palla passa all'Italia, che si prenderà tutto il tempo a disposizione per rispondere a Bruxelles. Oltre ai valori di Borsa di Unicredit e Bpm, i tasselli della partita includono gli effetti della sentenza del Tar - è stato annullato l’obbligo di mantenere per 5 anni il rapporto impieghi/depositi e il vincolo “sine die” sul portafoglio di project finance - la scadenza dell’Ops (il 23 luglio). La banca guidata da Orcel, a breve, convocherà il cda per decidere mosse e strategie da portare avanti. Sul tavolo o una nuova sospensiva o un grande rilancio.