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Macron, altro flop: per i mercati Roma è più affidabile di Parigi

di Michele Zaccardi mercoledì 10 settembre 2025

3' di lettura

Le agenzie battono la notizia poco prima di mezzogiorno: i titoli di Stato francesi rendono il 3,47%, come quelli italiani. Tradotto: per finanziarsi, Parigi paga gli stessi interessi di Roma. Poi in giornata il differenziale si è allargato. Alla chiusura delle contrattazioni, il Btp a dieci anni rende il 3,51%, mentre il pari durata francese (Oat)il 3,41%. Ma la tendenza degli ultimi mesi è evidente. E quello di ieri mattina è un traguardo storico. Non era mai successo infatti che i mercati percepissero la Francia rischiosa quanto l’Italia. Anche perché da anni il nostro Paese ha un debito che si aggira sul 130% e che nel primo trimestre di quest’anno ha toccato il 137,9% del Pil, a causa della scadenza della cambiale Bonus edilizi varati dal governo Conte 2, i cui effetti continuano a farsi sentire sulle casse dello Stato mano a mano che i crediti vengono scontati dalle tasse.

Insomma, sebbene il debito italiano sia più alto di quello francese (114% del Pil), per gli investitori Roma è più affidabile. C’entra, ovviamente, la stabilità politica, che ormai in Francia appare un lontano ricordo, con quattro governi caduti negli ultimi due anni. C’è chi parla, et pour cause, di «italianizzazione», ma in realtà andrebbe posto l’accento piuttosto sulla solidità dell’esecutivo guidato da Giorgia Meloni, che viene ritenuto perfettamente in grado di tenere in ordine i conti pubblici e quindi il debito.
A Parigi, invece, il governo Bayrou è caduto proprio sulla manovra correttiva da 44 miliardi tra maggiori tasse e tagli alla spesa, indispensabile per ridurre il deficit dal 5,6% del Pil nel 2025 al 4,6% nel 2026 e portarlo al di sotto del 3% previsto dalle regole Ue entro il 2029.

Nessuna forza politica, a eccezione dei macroniani e di qualche cespuglio centrista, appare intenzionata a impegnarsi in un percorso di aggiustamento tanto necessario quanto indigesto alla popolazione. Il tutto con i rivoltosi del movimento Bloquons tout che minacciano di bloccare il Paese e che oggi scenderanno in piazza contro l’austerità. Questo mentre, sul fronte finanziario, si attende con ansia il verdetto dell’agenzia di rating Fitch che venerdì si esprimerà sull’affidabilità del debito francese. Se è vero che alcuni analisti ritengono che un declassamento dall’attuale valutazione di AAcon prospettive negative sia già scontato dai mercati, è anche vero che altri si spingono a prevedere un ulteriore incremento dei rendimenti dei titoli di Stato e di un allargamento del differenziale con i Bund tedeschi (che ieri ha chiuso a 75 punti, e cioè lo 0,75%).

«Gli spread francesi potrebbero continuare a oscillare intorno agli 80 punti base, ma in caso di declassamento del rating e di un aumento dell’incertezza politica, il rischio che lo spread raggiunga i 100 punti base non è marginale (e lo spread francese potrebbe superare quello italiano)» commenta Mauro Valle Head of Fixed Income di Generali Asset Management. Secondo l’analista, «difficilmente» la pressione sui titoli di Stato francesi «si attenuerà nel breve termine».

Se la nomina di un successore di Bayrou, con l’incarico di approvare la manovra correttiva da 44 miliardi, dovesse fallire, prosegue Valle, «potrebbero profilarsi elezioni parlamentari anticipate. Tuttavia, se non si riuscisse a ottenere una maggioranza, aumenterebbe la pressione su Macron affinché si dimetta, con il rischio di una crisi costituzionale che potrebbe esporre ulteriormente gli Oat alla volatilità».

La pensa diversamente l’economista Daniel Gros, che ritiene solidi i fondamentali economici della Francia. Quello che manca, piuttosto, «è la volontà politica». Gros esclude pure il rischio di una tempesta finanziaria, con un contagio a livello europeo. «La tempesta» dice «ci sarebbe se ci fosse anche una crisi finanziaria generalizzata», come avvenuto nel 2011-2012, quando, oltre alla Grecia, anche l’Italia finì nel mirino della speculazione. «I problemi dell’Italia e degli altri Paesi periferici» sottolinea «derivavano in gran parte da un contesto di avversione al rischio e a un sistema bancario indebolito». Una situazione opposta a quella attuale: «Oggi» spiega Gros «le banche sono forti e l’appetito al rischio rimane elevato. Dunque, per il momento, nessuna tempesta, soltanto una brezza forte».

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