Dal palco del ventitreesimo Forum Coldiretti dell’agricoltura, che si è aperto ieri a Roma parte una sfida mondiale per il futuro dell’agrifood. Il modello italiano al centro del nuovo mondo uscito dalla fine della globalizzazione. La sfida per il futuro dell’agricoltura e dell’alimentazione, non soltanto nel nostro Paese, si gioca tutto in una prospettiva glocal: autosufficienza italiana nella produzione delle derrate alimentari strategiche, pronti però a trasferire il nostro modello di sviluppo agricolo nei Paesi africani nell’ambito del Piano Mattei.
Esportando sementi, piantine, tecnologie e competenze per accompagnare un intero continente sulla strada dell’autosufficienza alimentare. «Noi crediamo nel dialogo, non nella divisione», ha affermato il segretario generale della Coldiretti, Vincenzo Gesmundo, aprendo i lavori del Forum. Anche perché, ha aggiunto, «una società che si chiuda in visioni contrapposte smarrisce la speranza e la direzione del futuro. Dopo ottant’anni torniamo a parlare di guerra atomica come se fosse normale: segno che abbiamo perso la bussola. Servono parole e azioni disarmate per ritrovare un cammino comune». Che l’autosufficienza sia diventata un’emergenza con cui fare i conti quotidianamente non lo dice soltanto la Coldiretti, che pure sul tema ha speso infinite energie negli ultimi decenni, lo dicono le persone comuni. Secondo il rapporto Coldiretti-Censis “Mangiare bene, malgrado tutto”, il 79% degli italiani considera l’autosufficienza nella produzione di cibo una priorità strategica per il Paese, come l’energia, per garantire la fornitura di prodotti in quantità adeguata e a prezzi sostenibili.
La sovranità alimentare ha smesso di essere il cavallo di battaglia dei soli produttori agricoli per diventare un valore condiviso. Con l’export in parte inceppato per la tempesta tariffaria, l’agroalimentare sta trainando il made in Italy sui mercati mondiali e per ora è al riparo dall’offensiva commerciale scatenata dalla Cina. «Noi continuiamo a pensare che l’internazionalizzazione resti centrale per il nostro modello, sui vecchi e sui nuovi mercati», ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini, «anche se per restare competitivi dobbiamo fare i conti con costi dell’energia che sono comunque mediamente superiori a quelli degli altri grandi Paesi Ue come Spagna, Francia e Germania. Contenere il costo dell’energia significa restare competitivi sui mercati mondiali ma anche frenare gli aumenti sul mercato interno che colpiscono i consumatori».
Prandini ha difeso il valore e la portata della filiera agroalimentare tricolore, «talvolta sminuita, anche se nel complesso vale oltre 700 miliardi di euro» ha aggiunto, richiamando il confronto in atto in Europa sulla Politica agricola comune, «con un piano finanziario illustrato da Ursula von der Leyen assolutamente inaccettabile. Mentre gli Usa da una parte, la Cina, l’India, il Brasile dall’altra investono ingenti risorse sull’agricoltura l’Europa le taglia, pensando di scaricare sugli stati membri l’onere di finanziare la politica agricola. Non è una visione inaccettabile soltanto perché i Paesi più indebitati come il nostro non potranno più investire», ha tuonato Prandini, «ma perché così cesserà la visione comunitaria della Pac. Sarebbe una scelta miope. Anziché competere nel mondo torniamo alla competizione fra europei».
Se questo è lo scenario su cui si trova a giocare una partita che per il nostro Paese sarà comunque vitale, Coldiretti non rinuncia a svolgere il ruolo di stimolo e di ispirazione che ha sempre interpretato.
«Non accetteremo mai le distorsioni generate da un’Europa governata dalle burocrazie che nulla c’entrano con le sfide che dobbiamo giocare e che si trovano a giocare i settori vitali per l’economia. A cominciare proprio dall’agricoltura», ha concluso il numero uno di Coldiretti. Un tema che ha trovato il supporto incondizionato del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti che ha chiuso la prima giornata del Forum. «Se a questa fase storica l’Ue partecipa con una mentalità burocratica perde in partenza. E se la burocrazia smarrisce la connessione con la realtà e diventa autoreferenziale, com’è accaduto in passato, non perdono solo i settori produttivi. È la stessa Europa a uscirne sconfitta».