L’ultima trovata di Ultima Generazione è il boicottaggio della spesa. «Dall’11 ottobre ogni sabato non andiamo a fare la spesa!», scandisce lo slogan sul sito del gruppo antagonista assurto agli onori delle cronache per i blocchi stradali contro il cambiamento climatico. Le motivazioni (o presunte tali) a supporto di quest’ultima iniziativa sono diverse. La più mirata è questa: «I prezzi del cibo aumentano sempre di più ma a guadagnare sono i supermercati e l’agribusiness e non gli agricoltori!».
Che il reddito dei coltivatori sia compresso è un fatto assodato, ma dopo la fiammata inflazionistica che ha provocato un rincaro del carrello della spesa nell’ordine del 25% sono ben pochi i soggetti della filiera agroalimentare che fanno lauti guadagni. Puntare il dito contro le catene della distribuzione, però, è da fessi. Mai come ora le insegne sono state sottoposte a una fortissima pressione competitiva. Con operazioni promozionali che tagliano anche oltre il 50% i prezzi dei prodotti in offerta. Una scelta dettata dal forte calo degli acquisti in volume che segna il settore da almeno due anni a questa parte. Ben pochi lo sanno ma molte insegne si sono scontrate duramente con i big dell’industria alimentare che le accusano di praticare sconti eccessivi.
Negli ultimi mesi uno dei primi cinque produttori di pasta del Belpaese ha sospeso le forniture a una catena della gdo, “colpevole” di aver inserito in volantino una promozione con la pasta scontata del 56%. La promozione è diventata parte integrante del business di molte insegne. L’amministratore delegato di un noto marchio del settore riassume così la trasformazione che sta vivendo la sua azienda: «Siamo diventati il discount delle marche».
Una scelta che riempie i carrelli e fa lievitare gli scontrini ma taglia i margini. Già, perché tranne per le promozioni concordate con i produttori, sono le catene a farsi carico dei mancati guadagni provocati dai supersconti le cui campagne si chiudono quasi sempre con una perdita netta.
Della dialettica anche aspra, che segna i rapporti fra produttori (industria) da una parte e catene (distribuzione) dall’altra non si ha notizia. Nessuno dei protagonisti aspira a mettere in piazza questi scontri, nemmeno sui media di settore. Così come non ci sono dati che descrivano il fenomeno delle super offerte. Meglio: ci sono, ma chi li rileva e li elabora ne fa un oggetto di business e li vende a caro prezzo agli operatori del settore. Così il fenomeno avviene interamente sotto traccia.
Ad entrare nei volantini con le offerte più significative, sono quelli che nel gergo del settore si definiscono “prodotti civetta”, vale a dire quegli articoli venduti a un prezzo molto basso per attirare i clienti nel punto vendita, nella speranza che facciano acquisti aggiuntivi. Non sempre questi acquisti ulteriori scattano, ma basta che li facciano almeno 3 clienti su 10 e il bilancio può chiudersi in territorio positivo. Così nelle filiere critiche dell’agroalimentare è più facile perdere soldi piuttosto che guadagnarli. Puntare il dito su produttori e distributori è un’iniziativa miope. Che poi, come si legge sul sito web di Ultima Generazione, il danno provocato dai mancati acquisti per il boicottaggio possa trasferirsi per la proprietà transitiva sul governo per l’Iva non incassata dall’erario, è tutto da ridere.
Fra l’altro nell’ultimo quinquennio la lista dei prodotti civetta è in parte cambiata. Ne sono usciti ad esempio i formaggi a pasta dura, salvo rientrarvi nei mesi in cui l’inflazione esplodeva, con offerte sporadiche a meno di 10 euro al chilogrammo, ora sparite. Idem le marche commerciali di birra anche se, a differenza del periodo precedente ai rincari dell’energia, le bottiglie da 66 centilitri scontate, si trovano a un prezzo di poco inferiore all’euro e non più a 60-70 centesimi l’una, come accadeva fino al 2020.
Fra le referenze sempre presenti nei volantini delle offerte c’è sicuramente il riso. Un pacco da un chilo di Carnaroli (in realtà un similare camuffato) si trova facilmente a poco più di 2 euro. Come si può trovare una confezione da 500 grammi di pasta di marca a meno di 70 centesimi.