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Moody's ci promuove? Gufi in rivolta: bugie

Opposizioni in tilt per il rating: il giudizio dell'agenzia sorride a Meloni e all'Italia...
di Sandro Iacometti domenica 23 novembre 2025

3' di lettura

C’era una volta l’autunno del rating. Mentre ora si discute, con un po’ di apprensione, del caso Garofani, alla fine del 2023 tifare per lo «scossone provvidenziale» non era qualcosa da nascondere. Anzi. I giornali di sinistra aprivano con titoli a tutta pagina sul cataclisma in arrivo e in molti tra le opposizioni ci credevano davvero. I mercati, si pensava, spazzeranno via in fretta l’improvvisata armata Brancaleone di fascistelli che ha occupato abusivamente Palazzo Chigi. Le cose, come sappiamo, sono andate diversamente.

Dopo le iniziali conferme miste a giudizi positivi sul futuro, lo spread è crollato da 240 a 70 punti (ai minimi dal 2010) e sono iniziate a fioccare le promozioni vere. Lo scorso aprile quella di S&P da BBB a BBB+, a settembre quella di Fitch da BBB a BBB+, ad ottobre quelle di Dbrs ad 'A (low)' e di Scope che ha alzato a positivo l'outlook sulla valutazione di BBB+. Finché venerdì, dopo 23 anni, è arrivato pure il verdetto positivo di Moody’s, che contravvenendo per la prima volta alle sue regole, a meno di un annodi distanza dal miglioramento dell’outlook, venerdì ha deciso di portare il rating da Baa3 a Baa2. Una decisione apprezzata a caldo da Giancarlo Giorgetti e commentata ieri anche da Giorgia Meloni: «Questo riconoscimento premia il lavoro serio e responsabile del nostro governo, frutto di scelte coerenti sui conti e di riforme strutturali, ma anche il lavoro e l’impegno delle nostre imprese e dei nostri lavoratori».

Capitolo chiuso, tutti contenti, guardiamo avanti con soddisfazione? Macché. Intanto c’è il problema della coerenza. Siccome Meloni in passato ha criticato le agenzie di rating quando tenevano l’Italia sulla graticola e facevano cadere i governi regolarmente eletti, ora non può gioire dell’apprezzamento dei mercati per il nostro Paese. La logica è che se ti lamenti quando sei bocciato poi non potrai mai più festeggiare una promozione.

Tesi bizzarra, ma non quanto quella che fa da sfondo ai giudizi delle opposizioni sul merito del verdetto di Moody’s. Già, perché dopo tre anni passati a sperare che i mercati dessero una spallata al governo, certificando la sua incapacità nel gestire l’economia e la finanza pubblica, ora che al posto dei fischi arrivano gli applausi, la sinistra vuole farci credere che le agenzie di rating siano finite in mano a un manipolo di rimbambiti.

Il governo Meloni, spiega il responsabile economico del Pd, Antonio Misiani, «ha sacrificato al rating finanziario il rating dell'economia reale. Mentre si festeggia il giudizio di un'agenzia, l'economia resta ferma, il Paese continua a perdere pezzi del proprio apparato produttivo e interi settori industriali sono in forte sofferenza».

Stessa musica dalle parti di M5S: «Meloni e Giorgetti sono arrivati all'upgrade con il modo più semplice per loro ma più doloroso per gli italiani, spremuti come limoni: tagli micidiali, anche in virtù dell'accettazione di un assurdo patto di stabilità; record di pressione fiscale negli ultimi 10 anni; Italia fanalino di coda europeo per crescita nel prossimo triennio; tre anni di calo della produzione industriale; erosione del potere d’acquisto». Manco una parola, ovviamente, sui 170 miliardi di debito del Superbonus.

In altre parole, Moody’s si sarebbe limitata a tirare una riga sotto il bilancio pubblico, come un ragioniere alle prime armi. In realtà, basta leggere il report per rendersi conto che oltre ai risultati positivi su deficit, debito e spesa, l’agenzia parla di «stabilità politica», di «politiche economiche», di «investimenti», di «solidità del settore bancario», di «bilanci solidi nel settore privato» e di «una buona posizione esterna». Aggiungendo, senza troppi giri di parole, che «le riforme volte a migliorare l'efficienza del settore pubblico e l'ambiente imprenditoriale potrebbero portare a un miglioramento più sostanziale delle prospettive di crescita». Finanza astratta o economia reale?

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