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Bucha, l'ombra dell'Isis e il rischio dell'escalation fatale: il sospetto sugli orrori (e quelle voci su Volodymyr Zelensky)

di Alessandro Giuli lunedì 4 aprile 2022

3' di lettura

Il "massacro di Bucha", trentadue chilometri a ovest di Kiev, un teatro di corpi civili smembrati o trafitti al suolo dalle pallottole dei soldati russi che l'hanno da poco evacuata, è la Guernica di Vladimir Putin ma non avrà un Pablo Picasso a compendiarne la macelleria umana in un olio su tela. A differenza del bombardamento hitleriano che rase al suolo la città basca nel 1937, durante la guerra civile spagnola, stavolta l'orrore senza ritorno è tutto sotto i nostri occhi in tempo reale. Ed è un sommario di decomposizione fisica e morale che imprime una traccia indelebile nella narrazione di questa guerra che si vorrebbe dire assurda e invece è puro cinismo sanguinolento e crimine contro l'umanità. Le foto e video che ci giungono dal sobborgo ucraino hanno il colore dell'oltretomba e come colonna sonora uno spettrale abbaiare di cani nel silenzio dei cadaveri pietrificati da giorni. C'è quello corpulento e seminudo di un uomo freddato in tombino; quello di un giovane riverso a terra che ancora inforca disperato la sua inutile bicicletta; quelli di centinaia fra donne e uomini che punteggiano strade e cortili con le mani ancora legate dietro la schiena o che spuntano - sotto forma di teste, mani, tronchi mozzati - da una specie di maldestra fossa comune improvvisata nel terriccio stepposo inumidito dalla pioggia.

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VALORE SIMBOLICO - Fra le numerose testimonianze, colpiscono per valore simbolico i dettagli delle mani ripiegate nel rigor mortis, in particolare quella di una donna la cui unica sopravvivenza non annerita sta nella solitaria macchia rosa di smalto su un'unghia. Il rosa della seduzione femminile in mezzo alle venature rossastre del sangue rappreso sul selciato. È la rappresentazione di una verità oscena che il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, offre con parole nitide alla Corte penale internazionale chiedendone l'intervento urgente: un atto deliberato di ferocia contro civili inermi... come l'Isis... peggio dell'Isis. Che la guerra non sia una cena di gala non lo scopriamo certo adesso, essendo tutti a vario grado imparentati per lo meno con la barbarie del Novecento e i suoi stermini di massa. Ma il punto qui non è tanto che cosa vogliamo dire o essere al cospetto del passato. Il punto è che nel presente l'esercito di Mosca sta lasciando dietro di sé le tracce di un'orda stragista e predatoria il cui spirito non ha alcunché di denazificante, di strettamente bellico e circoscritto come ha provato a raccontare lo Zar del Cremlino con la sua retorica imperiale sovietica. Non esiste giustificazione, ma neppure possibilità di comprensione, al cospetto di Bucha e della sua gratuita mattanza d'innocenti che, a proposito dei riferimenti biblico-manichei largheggiante nei fronti in lotta, richiama piuttosto la massima enunciata da André Glucksmann nel suo Undicesimo Comandamento: «Nulla di ciò che è inumano ti sia estraneo». Per guardarlo sempre da vicino, suggeriva il filosofo francese, e combatterlo anzitutto dentro te stesso.

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Come si possa giudicare il campionario di sadismo omicida perpetrato al dettaglio e all'ingrosso dall'Armata rossa è una domanda che il popolo ucraino non ha nemmeno il tempo di porsi, dovendo imbracciare le armi dai 18 anni in su oppure nascondersi e fuggire in un posto meno pericoloso della propria casa incenerita. Ma dal nostro angolo visuale la dismisura tra la fatalità delle armi e la volontà di annientamento indiscriminato è ormai evidentissima. Vista dall'alto dell'Occidente solidale con Kiev, la questione può essere risolta con l'aumento nella fornitura delle armi, con l'embargo sul petrolio, il gas e il carbone, la chiusura di tutti i porti a navi e beni russi, la disconnessione di tutte le banche russe dal circuito Swift; come del resto chiede con lancinante insistenza il Paese aggredito. Posto sempre che un intervento più deciso, per esempio la no fly zone pretesa inizialmente dal presidente Zelensky, comporterebbe l'escalation fatale che ciascuno di noi teme più d'ogni altra evenienza. Agli occhi della storia, invece, Bucha verrà probabilmente rubricata fra le figure retoriche della disumanità possibile e di quella reale, come Sabra e Shatila e appunto Guernica. I cadaveri appena scoperti, e quelli che ancora dobbiamo incontrare, non potranno mai dire la loro al riguardo.

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