L'operazione

Flotta russo-cinese al largo dell'Alaska: nel mirino gli Usa?

Tensioni alle stelle tra gli Stati Uniti da una parte e la Russia e la Cina dall'altra. A far innervosire il Pentagono è stata un’operazione congiunta di navi russe e cinesi al largo delle coste dell’Alaska. Di qui la decisione di inviare in quella zona quattro incrociatori e un velivolo di ricognizione P-8 Poseidon, come rivelato dal Wall Street Journal. A colpire analisti e militari americani è stato soprattutto il numero di navi impiegate nella flotta russo-cinese, ben 11. Ma non solo: a insospettire anche il fatto che l'operazione sia stata messa in piedi mentre è ancora in corso la guerra in Ucraina e mentre la situazione al largo di Taiwan è più tesa che mai. 

In ogni caso, come si legge su La Stampa, il Pentagono ha assicurato che "le navi sono rimaste in acque internazionali e non sono considerate una minaccia". A pensarla diversamente il senatore dell’Alaska Dan Sullivan, secondo cui "siamo entrati in una nuova era di aggressione autoritaria". Mentre per l’ammiraglio John Aquilino del Comando Usa nell’indo-pacifico, la cooperazione russo-cinese "sta diventando sempre più forte e preoccupante". Non sorprende, quindi, che negli ultimi mesi siano aumentati investimenti e iniziative militari in Alaska, dove ora ci sono 4 basi militari, che dispongono di 100 caccia F-35 e F-22, sottomarini nucleari e postazioni antimissile guidate dai radar. 

Nel frattempo, Mosca starebbe rafforzando la rete di basi militari e porti strategici lungo tutta la fascia di confine settentrionale, mentre starebbero aumentando i sorvoli dei bombardieri strategici. L'obiettivo è quello di controllare le rotte commerciali. Basti pensare che in quell'area il numero di navi commerciali russe è aumentato lo scorso anno di 709 unità, facendo registrare un incremento del 22% rispetto al 2018.