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Macron a processo per il Papa: "Perché vado da lui", pubblica umiliazione

di Mauro Zanon sabato 16 settembre 2023

3' di lettura

Era il settembre del 2018 quando il presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, partecipò nella Grande Sinagoga di Parigi aun evento celebrativo per il nuovo anno ebraico. Al suo arrivo, fu ricevuto dal Gran rabbino di Francia, Haim Korsia, e dal presidente del Concistoro transalpino, Joel Mergui. Alla cerimonia erano presenti anche l’ex presidente Nicolas Sarkozy e la sindaca di Parigi, Anne Hidalgo. Un anno prima, appena eletto all’Eliseo, Macron accettò l’invito del Consiglio francese del culto musulmano per condividere l’“iftar”, ossia il pasto che rompe il digiuno durante il Ramadan. E in entrambe le occasioni, giustamente, non ci fu nessuna levata di scudi, nessuna indignazione, nessuna protesta, anche perché non c’era stata nessuna violazione della laicità da parte di Macron e la legge del 1905 sulla separazione tra Stato e Chiesa non esclude che il presidente della Repubblica francese possa avere dei rapporti con i vari culti.

Peccato però che stia accadendo esattamente il contrario in questi giorni, con la gauche giacobina e i laicisti di ogni latitudine sulle barricate contro l’inquilino dell’Eliseo. Il motivo? Macron ha deciso di assistere alla Santa Messa che papa Francesco celebrerà allo Stade Vélodrome di Marsiglia il prossimo 23 settembre, in occasione del suo viaggio nella città focea per la chiusura della terza edizione degli Incontri del Mediterraneo. «Il papa è il benvenuto in Francia. La sua azione per i migranti nel Mediterraneo può essere decisiva. Ma Macron si intrufola senza rispetto per la sua funzione. I fischi alla messa saranno per lui, non per il papa», ha tuonato Jean-Luc Mélenchon, presidente della France insoumise e capofila della coalizione delle sinistre in Parlamento, la Nupes.

«ISLAMOFOBO»
«Dopo quindici giorni di panico morale sull’abaya e di stigmatizzazione dei musulmani, Macron si mostrerà alla messa del papa. Logico. Si prende gioco della laicità e calpesta i suoi princìpi, la separazione tra le Chiese e lo Stato, la neutralità dello Stato nei confronti delle religioni. Tartufo», ha commentato Bastien Lachaud, deputato mélenchonista. L’Eliseo, parlando di «evento popolare e festivo», ha ricordato ai soliti laicisti a geometria variabile, improvvisamente suscettibili quando c’è di mezzo la religione cattolica e molto più dolci invece se è coinvolto l’islam, che non c’è nessuna violazione della laicità da parte di Macron: quest’ultimo assisterà alla messa, ma non parteciperà concretamente al rito religioso, poiché rifiuterà l’eucarestia. «Rientra nel mio ruolo. Non andrò in quanto cattolico, andrò in quanto presidente della Repubblica, che è in effetti laico. Andrò per rispetto e cortesia», ha spiegato il presidente francese, ieri in trasferta nel dipartimento della Côte-d’Or, prima di sottolineare che il papa ha il rango di capo di Stato. Un consigliere di Macron, all’Afp, ha sottolineato che «il generale de Gaulle aveva una formula quando andava a messa: diceva che la République non faceva la comunione». Non la farà nemmeno Macron, proprio per rispetto della neutralità del suo ruolo. Ma la sinistra giacobina non ne vuole sapere.

BATTEZZATO A 12 ANNI
«Non è necessariamente il ruolo del presidente quello di assistere a una messa in un Repubblica laica», ha commentato Fabien Roussel, leader comunista. Macron, che è stato battezzato quando aveva 12 anni, si è sempre definito agnostico, ma sensibile alla trascendenza. Da quando è stato eletto all’Eliseo, ha sempre fatto molta attenzione al modo in cui rapportarsi con i vari culti, proprio per non mettere in discussione il rispetto del principio di neutralità. «Mi capita di recarmi a cerimonie religiose qualunque sia la religione», ha insistito ieri Macron, senza però riuscire a calmare i talebani del laicismo. Come ricordato dal Figaro, De Gaulle, che all’Eliseo fece costruire una cappella privata dopo essere diventato il primo presidente della Quinta Repubblica, partecipò a una messa alla cattedrale di Reims il 7 luglio 1962 in compagnia del cancelliere tedesco Konrad Adenauer, per preparare il trattato di riconciliazione franco-tedesca: ma non fece la comunione, proprio per in ossequio alle regole di neutralità. Il 30 maggio 1980, fu l’allora presidente della Repubblica Valery Giscard d’Estaing ad assistere a Notre-Dame a una cerimonia religiosa celebrata da papa Giovanni Paolo II. Ma all’epoca non c’era ancora nessun Mélenchon, ignaro che la Francia resta pur sempre «la figlia primogenita della Chiesa».

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