Francia, i ricchi nel panico: la sinistra ultra-tassatrice può vincere
L’ipotesi di un trionfo del Nuovo fronte popolare alle elezioni legislative dei prossimi 30 giugno e 7 luglio sta provocando attacchi di panico nel mondo del business francese. Perché se Jean-Luc Mélenchon, leader della France insoumise, il partito della gauche radicale, e gli altri compagni di coalizione andassero al governo, sarebbe il festival delle gabelle per i super ricchi e, per dirla con Jordan Bardella, presidente del Rassemblement national, la Francia rischierebbe di diventare un «Venezuela senza il sole».
MISURE IMPOPOLARI
Ieri, Bloomberg, sentendo alcuni protagonisti del milieu degli affari francesi, ha spiegato che i progetti economici del Nuovo fronte popolare – l’abrogazione della riforma previdenziale e un ritorno all’età pensionabile a 60 anni, l’indicizzazione automatica dei salari all’inflazione, il salario minimodi 1.600 euro netti al mese e il ripristino della patrimoniale (Isf, Impôt sur la fortune) – rischiano di provocare un fuggi fuggi delle grandi fortune nazionali, l’abbandono della Francia da parte degli investitori stranieri, nonché un’ondata di fallimenti di imprese.
Per coprire l’aumento della spesa sociale, l’alleanza delle sinistre, Partito socialista, Partito comunista, Verdi e France insoumise, propone di approvare una nuova legge finanziaria che «abolirà i privilegi dei miliardari» già il 4 agosto (la data non è stata scelta a caso: il 4 agosto fa riferimento al 1789, ossia alla Rivoluzione francese e all’abolizione dei privilegi).
Oltre a reintrodurre la tassa sul patrimonio, il Nuovo fronte popolare vuole abolire la flat tax, ripristinare l’exit tax a carico delle persone che si trasferiscono fuori dalla Francia e rivedere le regole di successione per porre un tetto all’eredità. «Si tratta di condividere la ricchezza», ha dichiarato Ian Brossat, senatore del Partito comunista, prima di aggiungere: «Emmanuel Macron è stato il presidente dei ricchi». Dobbiamo «ridistribuire la ricchezza» dopo «i 40 miliardi di tagli fiscali» intrapresi dal governo in 7 anni, ha ribadito su France Inter Manon Aubry, sindaca socialista di Lille e figlia di Jacques Delors.
Come sottolineato da Bloomberg, il clima politico ricorda quello del 1981, quando François Mitterrand, pochi giorni prima di diventare il primo presidente socialista della Francia del dopoguerra, promise di dare la caccia alle «grandi ricchezze che investono in speculazioni immobiliari, oggetti di lusso e diamanti». Una volta salito all’Eliseo, Mitterrand si lanciò in una serie di nazionalizzazioni e introdusse una tassa a carico dei super ricchi (Impôts sur les grandes fortunes), un’imposta annuale che all’epoca si applicava a chi aveva un patrimonio superiore a 3 milioni di franchi. Mélenchon e compagni sono mossi dalla stessa volontà. Ma le misure del Nuovo fronte popolare, se applicate, «possono avere degli effetti economici deleteri per l’immagine della Francia e per la sua attrattiva finanziaria», ha spiegato all’Afp Lisa Thomas-Darbois, vicedirettrice del dipartimento Études France dell’Institut Montaigne.
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Intanto, l’ultimo sondaggio Odoxa pubblicato venerdì lancia il Rassemblement national di Marine Le Pen e Jordan Bardella al 33% delle intenzioni di voto all’orizzonte legislative, davanti al Nuovo fronte popolare (28%) e alla maggioranza macronista (19%): in termini di seggi, il partito sovranista otterrebbe tra i 250 e i 300 deputati.
MAGGIORANZA DISTRUTTA
Insomma, la mossa dello scioglimento dell’Assemblea nazionale, attraverso cui il presidente della Repubblica, Emmanuel Macron, contava di provocare un elettrochoc repubblicano anti-estremisti, si sta ritorcendo contro di lui. Lo ha evidenziato anche il Financial Times nella sua newsletter Europe Express, partendo dalla formula utilizzata dal Figaro la scorsa settimana, «la dissoluzione hara-kiri», e dalle frasi velenose del ministro dell’Economia, Bruno Le Maire. «È stata una decisione individuale. Ha creato preoccupazione, incomprensione e talvolta rabbia nel Paese».
L’ex primo ministro di Macron, Édouard Philippe, è stato ancora più severo: «È il presidente della Repubblica ad avere ucciso la maggioranza presidenziale». «Al presidente», è la previsione di Marine Le Pen, che guarda anche oltre la prospettiva del prossimo voto legislativo, «non resterà altro che le dimissioni per uscire da una possibile crisi politica».
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