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Greta Thunberg contro Cop29: non ha ancora capito che i big del mondo non le danno più retta

di Carlo Nicolato lunedì 25 novembre 2024

Greta Thunberg

3' di lettura

Il Cop29 è un fallimento perché l’idea stessa di contrastare il cambiamento climatico è un fallimento, Greta Thunberg se ne faccia una ragione e si dia anche una calmata. La giovane pasionaria del global warming ha scritto su X che «le persone al potere stanno ancora una volta per concordare una sentenza di morte per un numero sconfinato di persone le cui vite sono state o saranno rovinate dalla crisi climatica». «Il testo corrente è pieno di false soluzioni e vuote promesse, il denaro dal Nord Globale necessario per ripagare il suo debito globale non si vede» ha puntualizzato Greta che a questo punto promette «rabbia» e tra le righe, ma nemmeno troppo, guerra: «Con ogni negoziato con ogni discorso fatto da un leader mondiale e con ogni accordo che firmano, diventa chiaro che tocca a noi come collettivo globale adottare l’azione di cui abbiamo bisogno così disperatamente, e mostrare dove sta veramente la leadership».

Cosa intenda guidare a questo punto Greta ancora non è chiaro, forse una rivoluzione del «collettivo globale», come lo chiama lei, che prenda il potere per imporre i soviet del clima, ma se la giovane svedese fosse stata minimamente focalizzata sugli ultimi avvenimenti globali avrebbe dovuto capire da sola, senza la certificazione del Cop29, che il mondo non è più quello dell’Accordo di Parigi. Per prima cosa il fatto che la Conferenza che dovrebbe imporre l’eliminazione dei combustibili fossili entro il 2050 si sia tenuto a Baku, in Azerbaijan, il cui 47% del Pil è costituito dalla produzione di combustibili fossili e il 92,5% delle esportazioni sono rappresentate da petrolio e gas, avrebbe destato più di un sospetto anche al più sprovveduto degli osservatori. Nel discorso inaugurale del consesso il presidente Ilham Aliyev ha descritto le due principali fonti mondiali di emissioni di anidride carbonica che riscaldano il pianeta come un «dono degli dei» scatenando l’indignazione degli astanti.

Forse l’illuso Guterres pensava che Aliyev rimanesse folgorato sulla via di Damasco e si convertisse al monoteismo di Greta, ma come ha potuto sperarlo se anche miss Green Deal, alias Ursula Von der Leyen, si è recata come un re magio al cospetto del presidente Azero quando l’Europa è rimasta senza gas dopo l’inizio della guerra in Ucraina?

Aliyev peraltro si è fatto anche portavoce dei Paesi in via di sviluppo (ritiene il suo tale) che battono sulla cassa delle compensazioni (300 miliardi all’anno pare non bastino) ma ha fatto capire bene dove sta la reale partita politica ed economia attaccando la Francia per i “crimini” coloniali nei suoi territori d’oltremare e accusando l’Europa di «corruzione» e di doppio standard sui diritti umani. Greta avrebbe dovuto capire che le cose non sarebbero andate come voleva anche dai risultati del G20 di Rio nel cui documento finale non si fa menzione alla necessità di abbandonare i combustibili fossili entro i termini stabiliti ma si fa solo un vago riferimento all’”ambizioso ed equilibrato risultato della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici di Dubai (Cop28)”. Il responsabile di questa deriva anti-climatica è già stato individuato: la colpa è ovviamente di Trump, dell’ascesa generalizzata delle destre mondiali, dall’Europa all’Argentina di Milei (che al Cop29 non è andato), e degli scienziati pagani tipo Bjorn Lomborg. Ma sono colpevoli di comodo che non spiegano il fallimento del Cop20 e della politica climatica. Se Greta fosse stata attenta si sarebbe accorta che durante la campagna presidenziale americana nemmeno la democratica Kamala Harris ha parlato di cambiamenti climatici e di politiche green. Kamala ha solo accennato alla libertà di «vivere liberi dall’inquinamento che alimenta la crisi climatica». Nel 2019 invece la Cnn dedicò sette ore di trasmissione ai candidati democratici alla presidenza solo per parlare dei loro piani per affrontare il cambiamento climatico. Tra epidemia, guerre e inflazione, in questi cinque anni è cambiato tutto, salvo il clima. Gli americani, e non solo loro, si sono resi conto che raffreddare il clima di uno o due gradi (forse) non vale gli sforzi economici e sociali richiesti da tutti i Cop di questo mondo.

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