La rivoluzione copernicana della militanza politica nasce in questi giorni nella ricca e colta Germania, con un rovesciamento totale della prospettiva rispetto ai totalitarismi del XX secolo: fascismo, nazismo e comunismo imponevano la tessera se volevi entrare nel pubblico impiego (e vivere tranquillo), mentre la democrazia multipartitica tedesca parrebbe ora intenzionata a vietare l’accesso nella pubblica amministrazione a chi non ha la tessera giusta. Accade nel Land della Renania-Palatinato, dove è stata presentata la proposta di sbarrare la strada e la carriera nella P.A. agli iscritti ad Alternative für Deutschland. Singolare davvero il concetto di democrazia in salsa tedesca, che non potendo fermare alle urne un partito sgradito pensa di metterlo fuorigioco andando a colpire chi vi aderisce tesserandosi.
«L’Europa che parla sempre di principi democratici non ha nulla da dire?», ha chiesto retoricamente Matteo Salvini (Lega) mettendo a nudo il doppiopesismo a dodici stelle. Il concetto degli anticorpi democratici che devono o possono entrare in circolo andando a colpire gli elementi ritenuti estranei e dannosi per postulato, è materia da filosofia del diritto prima ancora che di filosofia politica. Il primo elemento più terra-terra è invece che un’entità superiore, con un “ricatto” su una vocazione o sullo stipendio per campare sé stessi e la famiglia, impone la rinuncia alle idee in base al principio che a suo giudizio insindacabile sono sbagliate.
Il che richiama, più che il Terzo Reich che i tedeschi hanno votato e poi sostenuto per dodici anni e spiccioli fino alla tragedia dell’annientamento, il sistema comunista secondo cui il popolo in nome del quale a parole agisce deve pensarla come la nomenklatura di cui naturalmente non farà mai parte. Se sbaglia va bastonato, perché il pensiero unico del partito unico è un monolite inscalfibile, come testimoniano certe tornate elettorali che solo per un rigurgito di pudore non davano il 100% di consenso e si fermavano al 99%. E infatti è diventato proverbiale come “maggioranza bulgara” perché da quelle parti era vietato ogni sgarro e i bulgari lo sapevano. Ma quello che è balenato adesso nella testa dei tedeschi va oltre ed è più raffinato, anche perché l’eventuale crollo del tesseramento di Afd risolverebbe magicamente il grosso problema politico del dopo-Merkel e pure le alchimie di sbarramento.
Questo accade nel Paese più grande e più importante d’Europa, che nel 1945 venne debellato e diviso. A ovest gli Stati Uniti “imposero” l’adozione di una costituzione democratica e repubblicana pressoché già scritta, avendo imparato la lezione della storia del 1918. Nel primo dopoguerra l’ex II Reich diventato repubblica si diede una splendida e moderna costituzione, talmente avanzata che gli stessi tedeschi la guardavano con sospetto ed estraneità tant’è che la repubblica che l’aveva partorita fu significativamente circoscritta nel nome alla dimensione di Weimar, mica di Berlino.
Tutti i germi della crisi al suo interno spianarono la strada all’imbianchino austriaco che il potere se lo prese legalmente con le elezioni del 1933 dopo aver fallito l’atto di forza col Putsch di Monaco del 1923. La costituzione federale calata dall’alto dagli Usa andò benone e i tedeschi furono denazificati a forza e convinti poi con le buone a dimenticarsi l’elmetto a chiodo e gli stivali. Quanto alla parte orientale, tutto fu un simulacro, sotto al colbacco sovietico, e infatti i tedeschi passarono da una dittatura all’altra cambiando la svastica con la falce e il martello.
Proprio di recente si è assistito a un ritorno di fiamma della Germania riunificata, e democratica non a parole, proprio in tema di armamenti e di esercito. Il richiamo dei panzer e dell’uniforme è suonato strano ma comprensibile, dopo ottanta anni di tutela e depotenziamento imposto anche dalla costituzione. Ma la Renania-Palatinato guarda ancora più avanti, e con un salto carpiato supera proprio l’asticella della democrazia andando a sindacare i colori della tessera. Esempio lampante di come negare il primo principio della democrazia partecipativa, confondendo ad arte il consenso per un partito, ovvero il gradimento alle idee, con il consenso a un partito, cioè col vietare le idee degli altri.