CATEGORIE

Capezzone: Hamas e Israele, un accordo sia buono che cattivo

di Daniele Capezzone lunedì 20 gennaio 2025

3' di lettura

Il sigillo bestiale di Hamas non poteva mancare. I terroristi islamici sono infatti riusciti a trasformare perfino la liberazione dei primi tre ostaggi israeliani in un happening sadico, in un estremo e macabro rituale di degradazione. Prima la diffusione di soli tre nomi, senza specificare se si sarebbe trattato di persone vive o morte. Poi ulteriori lunghe ore di attesa e incertezza. E infine la consegna delle tre ragazze (Romi, Emily, Doron) alla Croce Rossa in un’atmosfera infernale: le belve di Hamas in divisa, armate fino ai denti, per una sfilata da presentare come una prova di forza in mondovisione; e i veicoli della Croce Rossa lasciati in mezzo a una folla inferocita. E così, in ultima analisi, la liberazione è diventata una tortura supplementare per chi doveva essere rilasciato, e un’ennesima minaccia psicologica recapitata all’opinione pubblica israeliana e al resto del mondo libero.

E allora diventa legittimo chiedersi: ma com’è quest’accordo? E' buono o è cattivo? La risposta più saggia e realistica consiste forse nel trasformare la disgiunzione in congiunzione: l’accordo è insieme buono e cattivo. E' buono, perché una prospettiva di guerra infinita e indefinita è difficile da sostenere davanti all’opinione pubblica mondiale. E soprattutto è buono perché – per chiunque abbia una visione umana e umanistica della vita – anche una sola persona strappata a dei terroristi e restituita alla libertà e alla propria famiglia vale più di qualsiasi compromesso.

Ma allo stesso tempo l’accordo non è buono, e anzi diventa cattivo, se si considera l’incredibile sproporzione tra i 33 israeliani che alla fine saranno rilasciati (e nemmeno sappiamo se saranno tutte persone vive) e gli oltre mille palestinesi (tra i quali conclamati terroristi e assassini) che usciranno dalle carceri di Israele.

Non si tratta solo di una asimmetria numerica che grida vendetta. C’è di peggio: e cioè la certezza matematica che i miliziani palestinesi torneranno ad agire come terroristi, e nulla può indurci purtroppo a ritenere probabile un esito diverso. Del resto, accadde così proprio per Yahya Sinwar, scarcerato anzitempo e divenuto leader di Hamas.

Non solo: l’accordo prevede anche un significativo arretramento territoriale dell’esercito israeliano rispetto alle posizioni così faticosamente conquistate a Gaza, con l’ulteriore rischio di concedere spazio fisico all’estremismo fondamentalista. Donald Trump – e ciò è comprensibile – voleva un risultato tangibile di tregua prima del suo giuramento di oggi, e l’ha avuto. E non va sottovalutato un messaggio di positività che comunque arriverà all’intera opinione pubblica mondiale.

Ma occorre sapere che il prezzo è molto alto, e ancora una volta è interamente a carico di Israele, oggetto peraltro di una campagna di aggressione morale alla quale non si è sottratto praticamente nessuno: Onu, Ue, Corti internazionali, cancellerie dei singoli stati, e perfino – con pervicacia particolare – papa Francesco.Che conclusione se ne deve trarre? Ahinoi, che il terrorismo – nell’anno 2025 – funziona ancora, centra obiettivi, «paga». E che il nostro Occidente è troppo spesso senza bussola: non sa più riconoscere il nemico nemmeno quando – dalla parte opposta – viene apertamente dichiarata la volontà di ucciderci e sottometterci. Stavolta il bersaglio è stato Israele: possibile che nelle altre capitali non si valuti la possibilità di essere la prossima vittima?

Anche perché nessuno è sembrato desideroso di chiedere ciò che doveva essere il minimo: sin dal suo statuto del 1988, Hamas si è data come obiettivo chiaro ed esplicito la cancellazione dello stato di Israele. Come si fa a non tenere conto di questa cornice, di questo «scopo fondativo» apertamente genocida? Resta quello l’obiettivo di Hamas? Parrebbe di sì, di tutta evidenza, nel silenzio generale.

Intanto, con tassi maggiori o minori di buona fede, si continua a ripetere da più parti la soluzione dei «due stati». A parole, un’ottima prospettiva. Ma se uno dei due stati dovesse continuare a essere controllato da un gruppo terroristico come Hamas, quale sarebbe la percorribilità dell’ipotesi e la possibilità di convivenza fianco a fianco delle due entità statuali? Nessuna, di tutta evidenza. Ecco perché sradicare Hamas è la precondizione per rendere possibili i due stati. Chi non lo comprende o è molto ingenuo o è molto complice.

E allora resta una sensazione che non posso non lasciare a verbale. Questa tregua, probabilmente, sarà solo una parentesi. Nessuno sa quando e come, ma è abbastanza inevitabile che prima o poi la guerra – in qualche forma – riprenderà. O per un nuovo atto terroristico degli islamisti, o perché Gerusalemme riterrà indispensabile difendersi attivamente.
Un esito del genere non dovrà trovarci né sorpresi né impreparati.

tag
hamas
gaza
israele
daniele capezzone

Ministro della Difesa Crosetto, "questi schifosi": la denuncia da Atreju

Accordi da ricostruire Una tregua non basta. Per la pace serve un nuovo ordine

Roba da matti Reem Alsalem come Francesca Albanese: stupri e 7 ottobre, altro scandalo all'Onu

Ti potrebbero interessare

Crosetto, "questi schifosi": la denuncia da Atreju

Redazione

Una tregua non basta. Per la pace serve un nuovo ordine

Lodovico Festa

Reem Alsalem come Francesca Albanese: stupri e 7 ottobre, altro scandalo all'Onu

Antonio Castro

Francesca Albanese ha barato: il dossier che le può costare il posto

Stati Uniti, spari alla Brown University di Providence. “Diverse persone colpite”

La Brown University ha emesso un'allerta per la presenza di un tiratore attivo nel campus di Providence, nello Stato...

Londra, manifestanti islamici circondano l'ambasciata italiana: cosa vogliono

Londra come Parigi è stretta nella morsa dei fondamentalisti islamici. E questa volta se la sono presa pure con n...
Redazione

Biellorussia, Lukashenko rilascia 123 prigionieri: cosa chiede in cambio a Trump

Le autorità bielorusse hanno rilasciato 123 prigionieri, tra cui il premio Nobel per la pace Ales Bialiatski e la...

Gli Stati Uniti hanno attaccato una nave diretta in Iran

Gli Stati Uniti hanno condotto a novembre una rara operazione di interdizione in mare contro una nave mercantile diretta...