CATEGORIE

Perché il lavoro deve essere finito

Tutto questo non sarebbe stato possibile senza la leadership di Benjamin Netanyahu, leader di guerra, dato per finito tante volte e oggi comandante in capo di una forza di cambiamento storica
di Mario Sechi mercoledì 18 giugno 2025

4' di lettura

Donald Trump ha chiesto la resa incondizionata dell’Iran, siamo di fronte a un altro balzo della storia. Di dritto e di rovescio è finita l’era in cui gli Stati Uniti appoggiavano Israele ma cercavano una mediazione con il regime teocratico di Teheran. I grandi errori del passato (a cominciare da quelli di Obama) sono venuti al pettine della storia. Trump è imprevedibile, ma è chiaro che la postura dell’America in Medioriente è cambiata, segue il filo logico degli Accordi di Abramo, cerca la stabilità nel Golfo, ha un legame diretto con l’Arabia Saudita e vede nel cambio di regime in Iran un’opportunità per stabilizzare la regione e avviare un’altra era.

Tutto questo non sarebbe stato possibile senza la leadership di Benjamin Netanyahu, leader di guerra, dato per finito tante volte e oggi comandante in capo di una forza di cambiamento storica. Da tempo mi chiedevo quanto sarebbe durata la teocrazia iraniana e quando sarebbe stato sferrato l’attacco. La strage degli ebrei del 7 ottobre 2023 ha innescato il Big Bang, indietro non si torna, Khamenei è già il passato, l’ombra di un assassino, la sinistra presenza dello sterminio. Non la preghiera, ma la sua mano che accarezza il fucile, questa è l’immagine della sua eredità. Gaza, Beirut, Damasco, Sana’a, Teheran, sono i pezzi sulla scacchiera che sono caduti per mano di Israele. Il cancelliere tedesco Merz ieri ha detto la verità, ha affermato che Israele ha fatto il lavoro che avrebbe dovuto caricarsi sulle spalle l’intero Occidente. È un passo avanti ma non basta, perché in Canada abbiamo visto un G7 che insegue la storia e non la fa, chiede una de-escalation che non è possibile nel momento in cui c’è la possibilità di abbattere un regime che sognava un nuovo Olocausto, la fine degli ebrei e di tutti gli “infedeli”.

I forum di cooperazione nati dopo il 1945 appaiono esausti, fuori dal tempo, lontani dalla contemporaneità. I primi a riconoscerne l’inefficacia sono gli Stati Uniti, ma sono certo che questa sia anche la sensazione delle altre cancellerie. A che serve chiedere la pace nel momento in cui si può vincere la guerra e centrare l’obiettivo di cambiare lo status quo, inaugurare una nuova fase della storia? A niente, tranne che a tentare l’impossibile, dipingere un rassicurante scenario per l’opinione pubblica, che invece ha bisogno di conoscere i fatti e capire qual è la rotta. Le istituzioni multilaterali sono da ridisegnare: il G7 è largamente non rappresentativo del gruppo di potenze mondiali, non a caso è in crisi, il G20 è un forum di opposti che incontra la crescente potenza dei paesi riuniti nel forum dei Brics, le Nazioni Unite sono dominate dalla presenza di tirannie che negano alla radice la carta fondativa dell’Onu, la stabilità del Pacifico è minacciata dall’espansionismo della Cina, le stesse istituzioni finanziarie hanno bisogno di essere ripensate nel momento in cui riemerge il problema dei deficit commerciali che fu sollevato per primo da John Maynard Keynes. Solo l’Europa sembra cristallizzata, una bella addormentata, ostinatamente ferma all’ordine del dopoguerra, inchiodata al patto di Yalta, nonostante il Muro sia crollato nel 1989, l’Unione Sovietica si sia dissolta nel 1991, e ottant’anni dopo la Russia sia tornata con Putin alla sua visione imperiale.


La caduta dell’Iran è necessaria, serve anche a indebolire Mosca, mettere la Cina di fronte a un nuovo Occidente che per ora si nasconde dietro la spada di Israele. Prima del riarmo, l’Europa deve coltivare l’idea di libertà, assumersi le sue responsabilità, non continuare a nascondersi dietro formule che ne mostrano solo la debolezza. Israele per lungo tempo è rimasto intrappolato nella stessa palude culturale: pensare che chi predica la tua morte può improvvisamente imparare ad amarti senza essere mai sfiorato dall’idea della guerra totale come risposta al disegno del massacro. La strage degli innocenti del 7 ottobre ha fatto cadere il velo dell’illusione, Gerusalemme non sarà mai la capitale di un nuovo Califfato.

Un popolo che ha le sue radici nell’Esodo, che si libera dalla tirannia del faraone, ha ripreso in mano il suo destino. Noi lo guardiamo con ammirazione e con invidia perché Israele crede in qualcosa che noi abbiamo smarrito: la voglia di vivere. Il libro della storia è aperto, l’opera è in fieri, tutto può ancora accadere, ma va detto con chiarezza che il lavoro non sarà finito finché il regime iraniano non cadrà. La storia è piena di campagne militari e di guerre che non sono arrivate all’ultimo capitolo e non è mai andata bene, bisogna avere il coraggio di sferrare il colpo decisivo, la caduta del regime di Teheran, la fine di Khamenei, ci consegneranno un mondo migliore.

tag
iran
israele

Guerra in corso Israele, missili iraniani nel cielo di Tel Aviv nella notte

Operazione con pochi precedenti Fordo, verso l'attacco finale: l'Iran trema

Occhio al caffè Ecco chi accarezza l'ayatollah sui giornaloni: Capezzone fa nomi e cognomi

Ti potrebbero interessare

Israele, missili iraniani nel cielo di Tel Aviv nella notte

Fordo, verso l'attacco finale: l'Iran trema

Ecco chi accarezza l'ayatollah sui giornaloni: Capezzone fa nomi e cognomi

Missili di Avs e M5s su Tel Aviv. E Laura Boldrini: "Non si esporta la democrazia"

Elisa Calessi

Fordo, verso l'attacco finale: l'Iran trema

Israele prepara l’attacco finale al sito nucleare iraniano Fordo, blindato da 90 metri di roccia a trenta chilomet...

L'Onu ammette: danneggiati i siti nucleari

L’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) conferma: gli ultimi bombardamenti israeliani stanno s...
Carlo Nicolato

La vendetta di Israele: l'ayatollah si chiama fuori. Attentato ad Ahmadinejad

Ancora una settimana o forse due. Le forze armate israeliane (Idf) stimano che raggiungeranno i loro obiettivi in Iran e...
Amedeo Ardenza

Perché non possiamo non dirci ebrei

Sotto il fortunale d’acciaio dei missili khomeinisti c’è anche il desolato silenzio di un vecchio str...
Stefano Rissetto