Roma ospiterà il prossimo 20 giugno un vertice sul Piano Mattei copresieduto da Giorgia Meloni e da Ursula von der Leyen. Le due leader accoglieranno i rappresentanti di Angola, Zambia, Congo e Tanzania. Saranno presenti i vertici delle istituzioni finanziarie multilaterali, dal Fondo Monetario Internazionale alla Banca Mondiale, passando per la Banca Africana di Sviluppo e l’Africa Finance Corporation. L’incontro è ritenuto di fondamentale importanza perché rappresenta un passaggio strategico per consolidare la sinergia tra il Piano Mattei per l’Africa promosso dall’Italia e il Global Gateway avviato dall’Unione europea e approfondire la rotta operativa per l’avanzamento delle iniziative comuni.
Nel continente africano sono in corso di realizzazione 21 progetti nell’ambito del Piano Mattei, di cui 17 nei nove Paesi pilota e altri 4 nell’ambito di iniziative regionali con uno stanziamento di mezzo miliardo di euro. A gennaio 2025 sono stati aggiunti ai 9 pilota di partenza anche Angola, Ghana, Mauritania, Tanzania e Senegal, portando il totale dei Paesi coinvolti a quattordici.
Giorgia Meloni crede molto in un Piano che concretizza lo slogan “aiutiamoli a casa loro” e che supera l’approccio coloniale-paternalistico verso l’Africa, i cui stati sono sempre sull’orlo dell’instabilità e sono preda, a partire dalla fine degli anni Novanta di attori spregiudicati che hanno compreso quanto sia conveniente investire in quei territori. Parliamo di Russia, Cina, Turchia, Paesi del Golfo e da ultimo India. Lo spiega bene nel suo ultimo libro il giornalista Matteo Giusti (Africani brava gente, Paesi edizioni) sottolineando quali sono le opportunità da cogliere. «Non siamo più di fronte a una terra passiva da depredare come è accaduto in passato, ma a un attore sempre più strategico nelle dinamiche globali. Non il continente del futuro, ma il continente del presente».
Altre potenze se ne sono accorte e hanno ormai scavalcato un’Europa troppo disattenta e pigra: la Cina investe nelle infrastrutture, la Turchia nelle scuole che pianificano l’islamizzazione, la Russia vende le proprie armi, l’India intensifica gli scambi commerciali con gli Stati affacciati sull’Oceano Indiano. Il Piano Mattei è un’idea ottima secondo Giusti «perché i paesi africani si fidano dell’Italia e perché il Piano prevede interventi Stato per Stato sulla base di quelle che sono le necessità locali: i progetti infatti hanno preso forma grazie alla collaborazione degli stessi africani». Ma i soldi sono pochi: serve dunque l’imprimatur dell’Ue per non perdere l’ultima occasione a disposizione.
«Altrimenti ci toccheranno solo gli svantaggi» conclude Giusti, «cioè le migrazioni e la destabilizzazione». Quanto alle critiche di chi afferma che il Piano è una “scatola vuota”, replica di aver potuto personalmente constatare «la bontà dei progetti agricoli e artigianali, che coinvolgono le donne, avviati in Algeria e Tunisia».
In Algeria si sta lavorando su due progetti di cui uno già operativo: riguarda la «bonifica di terreni semiaridi per la produzione agricola», che sviluppa e amplia un’iniziativa già avviata dalla società Bonifiche Ferraresi con il sostegno dell’istituto finanziario Simest; l’altro riguarda la creazione di un centro di formazione professionale per start-up ad alta tecnologia. In Tunisia il Piano Mattei prevede tre iniziative: il progetto “Tandem” per il recupero e il trattamento delle acque reflue, il miglioramento delle tecniche di coltivazione e l’aumento della meccanizzazione nelle aree colpite dalla siccità, nonché il trasferimento di tecnologie tra le filiere dei due Paesi; il secondo, realizzato dalla società italiana Terna, riguarda la creazione, a Tunisi, di un centro di formazione e accelerazione tecnologica per le imprese innovative del settore energetico. Il terzo riguarda la creazione, conservazione e valorizzazione di tre siti archeologici a Kerkouane, Pupput e Neapolis.