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Khomeini, così l'ayatollah ha spezzato il legame tra ebrei e Persia

I legami tra Israele e la terra dello Scià risalgono a 2.700 anni fa e sono ininterrotti. Gli ebrei c’erano, sono rimasti, e ci sono pure durante il regime degli ayatollah
di Marco Patricelli sabato 21 giugno 2025

3' di lettura

I legami tra Israele e la Persia, attuale Iran, risalgono a 2.700 anni fa e sono ininterrotti. Gli ebrei c’erano, sono rimasti, e ci sono pure durante il regime degli ayatollah, formalmente con la tutela delle minoranze «libere di svolgere i propri riti e di regolamentare lo stato civile e l’istruzione religiosa secondo la loro religione» (art. 13 della Costituzione) e rappresentanza parlamentare, anche se sostanzialmente le cose non stanno proprio così. La comunità conta secondo stime 30.000 ebrei iranici (ma il censimento ufficiale del 2011 si ferma a 8.756) in un Paese di 90 milioni di anime. Ridurre questa presenza storica, etnica e religiosa al serbatoio delle quinte colonne, delle spie e degli agenti del Mossad, è un azzardo che spalanca le porte a strumentalizzazioni, banalizzazioni e stereotipi su appartenenza, fedeltà, propensione all’intrigo.

Il più efficiente servizio di intelligence del mondo ha colpito e sta colpendo duro e mirato proprio grazie all’abilità di uomini e donne selezionati e infiltrati lì dove la teocrazia iraniana non credeva possibile: troppo semplice pensare che i gangli spionistici potessero essere tutti dove se l’aspettavano i servizi di Teheran, o nelle sinagoghe, o nell’ospedale ebraico che cura soprattutto pazienti musulmani (e dove lavorano medici persiani), o nelle scuole delle comunità. La storia parte da lontano. Nel 538 (avanti Cristo) il Re dei Re Ciro il grande, fondatore dell’impero persiano, dopo la conquista di Babilonia emanò un editto che consentiva ai discendenti degli ebrei deportati a partire dal VIII secolo a.C. dal re assiro Sardon II (prima diaspora) di tornare alle loro case e ricostruire il tempio di Gerusalemme distrutto nel 586.

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La Bibbia definisce per questo Ciro “Unto del Signore” (Isaia, 45,1-7). Un antichissimo cilindro di terracotta ci ha tramandato i suoi provvedimenti scritti a caratteri cuneiformi non solo sulla liberazione del popolo d’Israele, ma anche della liberazione degli schiavi, della libertà di professione religiosa e dell’uguaglianza tra gli uomini, prima testimonianza storica e concettuale dei diritti della persona.

Da oltre quarantacinque anni la repubblica islamica instaurata dalla guida suprema Kohmeini (tornato dalla Francia) dopo la cacciata dello Scià Reza Pahlavi ha fatto carta straccia di quella civiltà, tanto fiera che neppure gli antichi romani riuscirono ad assoggettare e domare. La rivoluzione laica del 1979 venne assorbita e piegata da quella religiosa, e così Pasdaran e Guardiani della rivoluzione hanno assoggettato ma non domato la popolazione iraniana e le sue minoranze etniche e religiose. All’epoca il governo Begin esortò gli ebrei iraniani a tornare in Israele (aliya), reiterando l’invito più volte ma la comunità è rimasta legata ai luoghi, alla storia, e ai costumi, e non c’è stato alcun esodo di massa, anche se numericamente la presenza si è assottigliata in questi decenni di circa 60.000 persone. Il tribunale rivoluzionario della Repubblica islamica dell’Iran giustiziò il primo ebreo il 9 maggio 1979, l’uomo d’affari Habib Elghanian, con l’accusa di essere un sionista.

Ciò nonostante quella iraniana è la più grande comunità ebraica dell’Asia Centrale e del nord Africa al di fuori dello Stato di Israele, che ha vissuto ininterrottamente nello stesso posto per 27 secoli, anche se due delle comunità più antiche, quali Isfahan e Hamadan, contano solo poche decine di membri. Ai nostrani manifestanti pro-Pal e pro-Ayatollah che inzuppano pane muffito e parole velenose nella maionese impazzita dell’antisemitismo, dell’antisionismo e dell’antiebraismo, andrebbe ricordato almeno una volta al giorno che i romani “de Roma” di più sicura antichità non sono i discendenti di Giulio Cesare ma quelli dei giudei cacciati con la distruzione del tempio di Gerusalemme e della diaspora voluta proprio dagli antichi romani. Nella Caput Mundi di allora ci stanno da almeno duemila anni. E da quando esiste l’Italia gli ebrei hanno partecipato a ogni fase della sua storia, a partire dal Risorgimento. Come italiani: che sono e si sentono.

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