Mosca non si ferma. La notte tra il 28 e il 29 giugno l’Ucraina ha subito l’attacco aereo più massiccio dall’inizio della guerra, con 477 droni e 60 missili lanciati dalla Russia, colpendo soprattutto le regioni occidentali di Leopoli, Ivano-Frankivsk e Khmelnytskyi. L’attacco, che ha danneggiato edifici residenziali e infrastrutture, si è concentrato su obiettivi militari come raffinerie, aeroporti e caserme, mirando a indebolire la capacità difensiva e industriale ucraina. Durante l’offensiva, un F-16 ucraino è precipitato, causando la morte del pilota Maksym Ustimenko, mentre cinque civili sono stati uccisi in altre regioni, tra cui Kherson e Kharkiv.
Il presidente ucraino Zelensky ha denunciato il “terrore costante” russo, chiedendo maggiore pressione occidentale su Mosca e sistemi di difesa aerea come i Patriot, di cui scarseggiano le munizioni. L’attacco è avvenuto alla vigilia di un nuovo round negoziale proposto da Putin, senza ancora una data definita. Secondo analisti, Mosca punta a fiaccare l’Ucraina con attacchi aerei sofisticati, mentre sul fronte terrestre i russi avanzano verso Sumy e Zaporizhzhia, nonostante le dichiarazioni di stabilizzazione del fronte da parte ucraina.
La Polonia ha reagito alzando in volo i suoi caccia, mentre l’Ucraina ha annunciato il ritiro dalla Convenzione di Ottawa sulle mine antiuomo, segnando un’escalation nella strategia difensiva. La situazione rimane tesa, con Mosca che intensifica gli attacchi per compensare le difficoltà sul campo, dove perde circa 1.300 uomini al giorno.