Anche le tragedie – a volte – sono storie semplici, in fondo terribilmente facili da decodificare. Nessuno (cancellerie internazionali, “artisti”, “intellettuali”, media) esercita pressione su Hamas, concentrando invece tutto il fuoco della delegittimazione politica e morale contro il governo di Bibi Netanyahu?
E Hamas raccoglie agevolmente i frutti di questa semina, permettendosi perfino il lusso di un’atroce beffa. Ieri mattina infatti dapprima l’organizzazione terroristica ha fatto sapere di essere disponibile a una tregua con Israele, e subito dopo, a stretto giro di posta, si è affrettata a “benedire” su Telegram quella che ha chiamato «l’azione eroica, una risposta naturale ai crimini dell’occupazione».
E in cosa sarebbe consistita tale “azione eroica”? In un attentato contro civili israeliani a Gerusalemme, nei pressi di una fermata d’autobus. Due terroristi sono saliti su un bus e hanno sparato contro passeggeri e passanti: ecco l’atto di “eroismo”. Risultato? Sei persone disarmate assassinate: tra loro anche un giovane immigrato proveniente dalla Spagna, il paese che più di altri ha guidato la crociata politica anti Israele.
Ecco dunque un nuovo “contributo” di Hamas alla tregua, anzi a una pace duratura: nessun rilascio degli ostaggi israeliani (vivi o morti), nessun disarmo, nessuna risposta alle richieste in tal senso della Lega Araba. E – al contrario – diabolici inganni come quelli di ieri: dichiarazioni pro tregua, seguite da azioni terroristiche elogiate se non direttamente rivendicate. Una storia semplice, come si vede.
Rispetto alla quale restano tre annotazioni a margine. La prima riguarda il gran silenzio di tutti coloro (esponenti politici, personalità della cultura, commentatori) che solitamente sono assai loquaci rispetto alle vittime palestinesi. Il fatto che ieri a cadere siano stati civili israeliani – innocenti e disarmati – evidentemente ha meno valore, anzi nessun valore.
Un essere umano è tale, in quella regione, se è palestinese o se comunque cade sotto il fuoco di una pallottola israeliana: nel caso inverso, è istantaneamente disumanizzato, o per lo meno entra nell’area che potremmo chiamare della “non notiziabilità”. In questo silenzio, spicca l’improvviso e pressoché totale mutismo di ieri della sinistra italiana.
La seconda questione da rimarcare è il tentativo – vedrete che oggi, dopo il silenzio di ieri, questa sarà la carta dialettica che verrà giocata – di presentare l’attentato terroristico islamista come una conseguenza delle azioni israeliane. Il metodo della “kefyah in redazione” (un tempo era l’eskimo) è sempre lo stesso: “contestualizzare” e in ultima analisi giustificare perfino le azioni terroristiche dirette contro certi bersagli.
La terza e ultima questione ha infine a che fare con quello che solo apparentemente è un dettaglio informativo. Nella città più importante di Israele, in un contesto assolutamente ordinato, con un governo legittimo e un territorio ben presidiato, sono servite molte ore per avere certezza sulle vittime e completare le identificazioni: nel tardo pomeriggio di ieri, ancora non era stata resa nota l’identità di due dei sei morti, e restava un margine di incertezza sul numero effettivo dei feriti. Ecco: come fa – invece – Hamas, nell’inferno e nel caos di Gaza, a fornire in tempo reale cifre e dettagli su ogni scontro a fuoco, su ogni attacco, sugli effetti precisi di ogni singola azione dell’esercito israeliano? Non sorge a nessuno – qui dalle nostre parti – il dubbio che i terroristi sparino cifre a caso? O – fermo restando il dramma della perdita di ogni vita umana – vogliamo continuare a prendere per oro colato i comunicati dell’“ufficio stampa” di Hamas?