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Flotilla, l'esperto: perché è una bufala la storia dei droni su Greta Thunberg

"Un mezzo volante offensivo non si farebbe mai riconoscere dal led verde e dal rumore. Una granata? Avrebbe distrutto tutto...": Simone Lo Russo, fondatore e ad della Impianti Spa che da anni si occupa di Difesa, analizza quanto accaduto alle barche della #Flotilla
di Massimo Sanvito giovedì 11 settembre 2025

3' di lettura

Quante sono le cose che non tornano nel doppio attacco denunciato dai pro -Pal della Global Sumud Flotilla diretti a Gaza... Droni militari? Praticamente impossibile. E ora, punto per punto, vi spieghiamo il perché. Al netto dei comunicati delle autorità tunisine che hanno negato la presenza di mezzi volanti nello spazio aereo interessato. 

Innanzitutto, se si fosse trattato di un ordigno gli attivisti che si sono affannati a rilasciare interviste non sarebbero certo potuti comparire davanti alle telecamere per puntare il dito contro Israele. Il motivo è semplice: «Se si fossero utilizzati droni militari i danni non sarebbero stati cosi lievi», conferma a Libero Simone Lo Russo, fondatore e amministratore delegato della Impianti spa che da trent’anni si occupa dello sviluppo di soluzioni tecnologiche anche per il settore della Difesa e che vanta il brand “Drone4Italy” interamente dedicato al mondo dei droni e della mobilità aerea avanzata. Aggiungendo il fatto che sono bastati pochi secondi all’equipaggio per spegnere le fiamme e che nessuno sia rimasto ferito, è abbastanza chiaro come la tesi della bomba sia difficilmente sostenibile. Della barca, infatti, non sarebbe rimasto alcunché.

I FILMATI SONO CHIARI
Un altro elemento da considerare è la portata delle fiammate. Nei filmati di entrambi gli episodi ripresi dalle telecamere di bordo si vede tutto chiaramente. «Nel primo caso (quello della barca di Greta, ndr) si vede un getto cadere dall’alto e colpire il ponte scoperto: molto strano che il fuoco si propaghi in volo, prima di toccare la superficie dell’imbarcazione; nel secondo caso (quello di ieri notte), il getto si infila tra il ponte scoperto e il ponte coperto: una traiettoria inusuale per un drone, perché se questo sgancia qualcosa lo fa verticalmente e anche se si è mosso molto velocemente durante il rilascio difficilmente si otterrebbe quella parabola davvero inusuale», sottolinea Lo Russo.

Gli attivisti in kefiah a bordo della Famila Boat (il primo episodio) hanno subito spiegato di aver sentito un ronzìo nell’aria e di aver visto una luce led verde. Ora: un’operazione offensiva militare potrebbe mai essere così visibile? Certo che no. «Un drone “cattivo” sta almeno a molti metri d’altezza proprio per non far udire il suo rumore. Per quanto riguarda invece la luce verde, solo un drone commerciale potrebbe presentarsi così... Ed escludo che uno strumento del genere possa essere usato per un attacco militare», spiega Lo Russo.

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LE CINGHIE E I CONTENITORI
Qualcuno, nelle ultime ore, non reggendo più la teoria della bomba, sta avanzando anche l’ipotesi della granata incendiaria (sempre sganciata da un drone). Zoo mando sulle immagini diffuse dai pro -Pal si intravvedono quelli che sembrano essere i resti di un serbatoio. Quel tipo di ordigno, però, sprigiona fiamme con una temperatura di almeno 2.000 gradi ed è abbastanza evidente come del contenitore, e non solo di questo, non rimarrebbe nulla.

Non solo: ci sarebbero anche tracce di cinghie, il che per i sostenitori dell’attacco dall’alto proverebbe come la granata sia stata legata a un mezzo volante, «ma le cinghie rimangono sul drone che le sgancia», puntualizza l’esperto. Una messinscena con un contenitore di quelli usati nel softair? Chissà. A osservare bene le foto delle carcasse bruciacchiate sul ponte della barca di Greta, appare invece evidente come ad andare a fuoco sia stato qualcosa che era già presente sul ponte.

Infine, ecco la ricostruzione che vorrebbe l’azione delle cosiddette “loitering munition”, ovvero le munizioni circuitanti. «Si tratta di strumenti simili ai droni, ma non dalla forma di piccoli aerei, con piccole testate sulla prua che quando vengono lanciate seguono una parabola. È però molto strano che queste facciano una fiammata del genere prima di colpire il bersaglio. Inoltre, essendo in mare aperto le cosiddette munizioni circuitanti avrebbero bisogno di un’imbarcazione d’appoggio perché non possono essere pilotati da miglia di distanza. Sulla terraferma sono molto usate nella guerra di trincea in Ucraina, lanciate come granate, ma ovviamente si tratta di una situazione diversa», chiude Lo Russo.

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