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Kirk, è l'ora degli sciacalli da complotto

Mosca, Pechino, Bannon: tutti a inventare moventi. Chiuso lo show del liberal Kimmel
di Costanza Cavalli venerdì 19 settembre 2025

3' di lettura

In attesa del funerale, domenica, allo stadio di Glendale in Arizona, mentre metà America piange la morte di Charlie Kirk, l’altra metà o fa campagna elettorale, o celebra l’omicidio o ridicolizza la vedova (nominata ieri Ceo e presidente dell’organizzazione fondata dal marito, Turning Point Usa). Al dibattito interno sulla libertà di parola e sull’inaccettabilità ideologica delle idee altrui, sono stati aggiunti ottani anche dall’estero: Russia, Cina e Iran stanno alimentando teorie del complotto e divisioni.

Secondo il New York Times, che cita un rapporto di NewsGuard, nei sette giorni successivi alla sparatoria, media statali e troll online dei tre Paesi hanno diffuso oltre 6.200 affermazioni e notizie false, con l’obiettivo di presentare gli Stati Uniti come un Paese disfunzionale e minarne la reputazione globale. Il canale russo Rt, per esempio, ha rilanciato voci infondate su presunti segnali fatti da persone vicine all’attivista per coordinare l’attacco. Il teorico ultranazionalista Aleksandr Dugin ha parlato di un piano del “Deep State” e della Open Society di George Soros contro i valori patriottici dell’attivista. Sempre Mosca ha cercato di collegare l’omicidio del 31enne alla guerra in Ucraina, arrivando a suggerire un coinvolgimento diretto di Kiev.

Che il killer – cui toccherà un avvocato d’ufficio perché pare che la famiglia non abbia intenzione di nominarne uno privato – non abbia agito da solo resta comunque tra le ipotesi al vaglio dell’Fbi. Il direttore del Bureau, Kash Patel, ha dichiarato che l’agenzia stava indagando anche «su chi, eventualmente, fosse coinvolto come complice». E gran parte del mondo Maga, su tutti l’ex capo stratega di Donald Trump, Steve Bannon, ha alimentato la teoria: la morte di Kirk «non è stata un semplice omicidio – ha dichiarato l’ideologo nel suo podcast War Room – la verità è molto più profonda». Coinvolto nell’omicidio, ha continuato Bannon, potrebbe esserci il Partito Comunista Cinese, presumibilmente finanziatore di Antifa, il movimento che ieri il presidente americano Donald Trump ha definito un’ «organizzazione terroristica» in un post su Truth: «Raccomanderò che si indaghi a fondo su coloro che finanziano Antifa in linea con i più elevati standard e procedure legali», senza però specificare con quale meccanismo ricorrerà contro il collettivo antifascista.

L’Iran, infine, ha accusato i servizi segreti israeliani di essere i mandanti dell’uccisione: secondo Teheran, sarebbe un diversivo per distrarre l’opinione pubblica da Gaza. «Qualcuno ha inventato una mostruosa bugia, ovvero che Israele ha qualcosa a che fare con l’omicidio di Charlie Kirk – ha risposto il primo ministro Benjamin Netanyahu- alcuni stanno diffondendo queste voci disgustose, forse per ossessione, forse per i finanziamenti del Qatar». Senza bisogno la coinvolgesse Bannon, intanto, la Cina si era già mossa da sola: Pechino, dice ancora il report di NewsGuard, ha sfruttato l’episodio per descrivere gli Stati Uniti come un Paese profondamente diviso e un account filocinese su X ha diffuso la falsa notizia che l’attentatore avesse donato 224 dollari alla campagna elettorale di Trump.

Nella trappola dei commenti anti-Kirk (“non si spara alla gente, ma...”, vedi, qui da noi, Piergiorgio Odifreddi), è cascato anche il presentatore Jimmy Kimmel. La Abc, rete di proprietà della Disney, ha sospeso a tempo indeterminato il suo talk show, Jimmy Kimmel Live!, in onda dal 2003. Tra un’intervista a una star e una battuta, a Kimmel è scappato di dire che «la banda Maga sta cercando disperatamente di presentare questo ragazzo che ha ucciso Kirk come uno diverso da loro e sta facendo il possibile per trarne vantaggio politico». Non contento, Kimmel la serata successiva ha proseguito: «Molti nel mondo Maga sfruttano l’omicidio di Kirk per poter attaccare le persone di sinistra».

Ora, idealmente, quando sono emerse le prove a dimostrazione che l’attentatore simpatizzava per la sinistra, Kimmel avrebbe dovuto scusarsi dell’errore e correggere il resoconto (se un presentatore si allontana dalla satira per dedicarsi alla cronaca, dovrebbe assumersene la responsabilità). D’altro canto, lasciar esprimere il dissenso era proprio la battaglia di Kirk, che si è sempre schierato contro il cosiddetto “incitamento all’odio” pena la perdita della libertà di parola e la discesa nell’abisso del “maccartismo del bene”, l’esasperata repressione di ciò che si ritiene sovversivo.

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