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Israele-Hamas, ostaggi, l'Idf, Barghouti, Gaza e Usa: il piano di pace in 5 punti

di Maria Pia Petraroli giovedì 9 ottobre 2025

4' di lettura

Il governo israeliano ha approvato l'accordo per porre fine alla guerra a Gaza e liberare tutti gli ostaggi. Lo ha riferito l'ufficio del Primo Ministro israeliano, come riportato dal Times of Israel. Ynet e il Times of Israel aggiungono che entro 24 ore sarà completato il ritiro delle forze armate israeliane e avrà inizio il rilascio degli ostaggi. 

L'approvazione della prima parte dell'accordo di pace tra Hamas e Israele è stata accolta con entusiasmo da Medio Oriente e Occidente, che hanno riconosciuto l'evidente impegno del presidente americano Donald Trump nel raggiungimento di questo storico risultato dopo due anni di guerra ininterrotta. Il cessate il fuoco, stando alle ultime informazioni disponibili, dovrebbe entrare in vigore entro 24 ore dall'ok del governo israeliano. Cinque i punti cardine attorno a cui ruota il piano che ha messo d'accordo le due parti in conflitto:

SCAMBIO PRIGIONIERI-OSTAGGI
L'intesa sul cessate il fuoco a Gaza porta con sé il ritorno in patria degli ostaggi israeliani nonché la liberazione dei prigionieri palestinesi. A uscire per primi, accompagnati dagli uomini e dalle donne del Comitato internazionale della Croce rossa, saranno i 20 ostaggi israeliani vivi ancora nelle mani di Hamas. Poi verranno riportati a casa i corpi di chi è stato ucciso il 7 ottobre o è morto in prigionia. Secondo l'emittente americana Cnn, l'organizzazione terroristica al momento non sarebbe in grado di individuare una decina di corpi, sepolti sotto le macerie o in aree devastate dai bombardamenti. Ed è possibile che per trovarli, venga istituita una task force internazionale.

IL NODO BARGHOUTI
Dei prigionieri palestinesi in suo possesso, Israele si sarebbe rifiutata di restituire alla Striscia Marwan Barghouti nonostante l'insistenza di Hamas. Lo riporta la Bbc. Gli altri nomi su cui non ci sarebbe ancora un accordo sono Abdullah Barghouti, Ahmed Saadat, Hassan Salama, Abbas al-Sayyed. Tutti uomini che per Tel Aviv avrebbero avuto un ruolo fondamentale nell'organizzazione degli attacchi di inizio anni 2000. Saranno liberati, invece, 250 ergastolani su 285 e 1700 persone arrestate a Gaza nel corso di questi due anni. Tra i prigionieri che Israele non vuole rilasciare ci sono anche alcuni uomini delle brigate scelte di Hamas, Al Nukba. Proprio quelli che avrebbero eseguito l’attacco del 7 ottobre 2023. La strage che ha dato inizio agli orrori degli ultimi due anni.

IDF VIA DALLA STRISCIA
L'accordo prevede che l'esercito israeliano si ritiri da “gran parte” del territorio palestinese, mantenendo il controllo di poco più della metà della Striscia, cioè il 53 per cento. L'Idf, in ogni caso, manterrà una presenza soprattutto in zone al di fuori delle aree urbane. In particolare, rimarrà in una zona cuscinetto lungo l'intero confine di Gaza, compreso il Corridoio di Filadelfia - l'area di confine tra Egitto e Gaza - e le città Beit Hanoun e Beit Lahiya nell'estremo nord della Striscia, una dorsale alla periferia orientale di Gaza City e ampie porzioni di Rafah e Khan Younis nel sud di Gaza. Su questo punto, però, ci sarebbero ancora dettagli importanti da discutere.

IL FUTURO DI GAZA
Resta ancora da capire chi governerà la Striscia dopo il ritiro dell'Idf e il cessate il fuoco con Israele. Allo stesso tempo, non si sa come funzionerà l’organismo internazionale pensato e presieduto da Donald Trump e guidato dall'ex premier inglese Tony Blair. Da verificare anche la capacità dei Paesi arabi di garantire il disarmo di Hamas. Intanto, sarebbero certi i tempi e le modalità di consegna degli aiuti alla popolazione palestinese: nella Striscia entreranno 400 camion al giorno nella prima fase. E poi ci sarà un incremento progressivo. Oltre a cibo e farmaci, ci sarebbe bisogno anche di altri tipi di aiuti, come scavatori, tende e prefabbricati. 

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L'IMPEGNO DEGLI USA
Dopo il contributo dato all'organizzazione e alla riuscita dei colloqui di pace tra Hamas e Israele, il presidente Usa Trump è atteso a Tel Aviv per certificare il raggiungimento dell'accordo sul cessate il fuoco. Nel frattempo, ha già chiamato le famiglie degli ostaggi israeliani che si trovavano a Washington e ha promesso loro che "gli ostaggi torneranno tutti lunedì". E da parte loro i familiari hanno ringraziato il capo della Casa Bianca per il lavoro diplomatico che ha permesso la liberazione degli ostaggi. Inoltre, il risultato ottenuto da Trump, secondo il Washington Post, "potrebbe legittimamente rafforzare la sua pretesa di essere un pacificatore degno del premio Nobel per la Pace". Il board editoriale del quotidiano ha sottolineato che il presidente Usa "ha portato con sé il suo stile negoziale non ortodosso, si è affidato a pochi fidati consiglieri e si è basato sul suo istinto e sulla sua fede incrollabile nel potere delle relazioni personali. Una combinazione che ha prodotto altri successi, quali gli accordi di Abramo nel suo primo mandato e l'impegno degli europei a spendere di più per la difesa".

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