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Pedro Sanchez si inchina a Donald Trump: 2,2 miliardi alle forze armate

di Carlo Nicolato giovedì 23 ottobre 2025

3' di lettura

Stare con Pedro Sanchez, farlo diventare una sorta di grande statista e innalzarlo sul piedistallo dei socialisti dalla schiena dritta che non si piegano nemmeno di fronte ai diktat dei potenti d’Oltreoceano è un esercizio pericoloso che la sinistra italiana non ha ancora smesso di praticare. Se c’è infatti un voltagabbana di professione, un campione dell’arte di rimanere in sella a ogni costo, “el arte de no despeinarse” come sarebbe più consono dire del personaggio spesso paragonato a un manichino del Corte Inglés, questo appunto è il premier spagnolo.

L’ultimo esempio della sua innata attitudine involontariamente raccontata dallo stesso in un memorabile libro edito nel 2019 dal titolo “Manual de resistencia”, è il silenzioso dietrofront sulle armi, immediatamente dopo la bordata d’Oltreoceano, cioè del presidente americano Donald Trump, secondo cui la Spagna potrebbe anche rischiare di essere sbattuta fuori dalla Nato se non si allinea a tutti gli altri Paesi dell’Alleanza. Si tratta in realtà del terzo voltafaccia di Sanchez sulla questione. Il primo al termine del vertice del giugno scorso all’Aja quando, nonostante avesse orgogliosamente dichiarato che il welfare viene prima e che la Spagna avrebbe contenuto la spesa della difesa al 2% del Pil, ha firmato il documento finale che innalzava per tutti tale quota al 5%. Il secondo quando nonostante tale firma non è seguita alcuna mossa concreta. Il terzo appunto dopo la strigliata del presidente americano. Per rispettare però il bilancio già approvato, e soprattutto per non urtare la suscettibilità degli alleati di governo e dei suoi fan all’estero, come Elly Schlein, Pedro sta facendo le cose alla sua maniera, con giochetti di prestigio, con prestiti da un ministero all’altro e con l’approvazione degli stanziamenti militari tra una dibattito sui diritti sociali e uno sull’aborto.

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Sanchez peraltro ci aveva già provato, proponendo che le spese militari fossero equiparate a quelle per la lotta climatica, e quindi si avvalessero di tutte le agevolazioni comunitarie del caso, ma gli era andata male con la Commissione che ha riposto che «il clima è una cosa e la difesa un’altra». In buona sostanza nelle ultime ore il governo spagnolo ore ha approvato tre contratti relativi a elicotteri da guerra per un valore complessivo di 2,261 miliardi di euro. La parte del leone la fa quello relativo all’elicottero multiruolo NH-90 del valore di 1,785 miliardi di euro, del quale saranno acquistati 31 esemplari. Tali soldi vengono fuori da un prestito senza interessi stanziato dal governo su iniziativa del Ministero dell’Industria e del Turismo di 6,89 miliardi di euro con lo scopo di modernizzare l’esercito, che segue un altro già varato a settembre di 7,5 miliardi.

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Secondo i calcoli del Centro Delàs per gli Studi sulla Pace tali somme fanno sì che le spese militari della Spagna per il 2025 arrivino a circa 40 miliardi di euro, ben oltre i 33 previsti da Sanchez. Questo significa che supereranno abbondantemente quel 2% che aveva fatto fremere d’orgoglio i finti pacifisti anti-trumpiani di sinistra, attestandosi al 2,48%. In poche parole il premier spagnolo, senza darlo troppo a vedere, nell’arco di un paio di settimane ha abbassato la testa e ha obbedito allo yankee fascista d’Oltreoceano.

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