Dopo decenni di pacifismo strategico, la Germania ha tracciato una svolta storica: sotto la guida del cancelliere Friedrich Merz, Berlino mira a costruire la più potente forza armata convenzionale d’Europa. La riforma del bilancio e l’abolizione del “freno al debito” perla difesa consentono spese colossali: oltre 377 miliardi di euro nei prossimi anni, aggiunti ai 100 stanziati dal governo Scholz. L’obiettivo è raggiungere il 3,5% del Pil entro il 2029, ben oltre il “vecchio” target Nato del 2%.
Questo mutamento rappresenta la fine di un lungo ciclo di disarmo iniziato dopo la riunificazione, quando il pacifismo post-nazista portò la Bundeswehr a un progressivo declino. Il budget annuale per la Difesa non è mai stato “basso” (circa 50 miliardi l’anno) ma l’ideologia pacifista ha lasciato le forze armate senza mezzi moderni, simbolicamente ridotte a “scope nere” nelle esercitazioni Nato di un decennio fa.
L’invasione russa dell’Ucraina nel 2022 e l’atteggiamento isolazionista di Donald Trump hanno costretto Berlino a ridefinire la propria identità strategica. Oggi la Germania è il pilastro terrestre dell’Alleanza Atlantica, con truppe permanenti in Lituania e un ruolo chiave nella difesa del fianco orientale.
La retorica dello “Zeitenwende”, il punto di svolta evocato da Scholz, ha trovato in Merz un realizzatore pragmatico: l’indipendenza dalla tutela americana e il ritorno dell’egemonia militare tedesca sul continente. La nuova Bundeswehr, nel solo 2024, ha ordinato 123 veicoli blindati Boxer, 105 carri armati Leopard 2, sei fregate, due sottomarini e fino a mille missili Patriot. E previsto anche l’acquisto di 15 caccia F-35, 20 Typhoon e 600 piattaforme Skyranger per la difesa antiaerea. Gli ordini, spesso affidati a industrie nazionali come Rheinmetall, hanno trasformato il riarmo in una leva industriale e geopolitica. Parallelamente, Berlino discute il ritorno della coscrizione obbligatoria per raggiungere i 260mila effettivi più 200mila riservisti, segno di un consenso pubblico ormai maggioritario per il rafforzamento della difesa. Il riarmo tedesco ha implicazioni sistemiche: riequilibra la gerarchia interna alla Nato, riduce la dipendenza europea dagli Stati Uniti e rilanciala politica di potenza continentale sotto egida tedesca.
Tuttavia, permangono parecchie incognite. Il rischio è che la spinta si dissolva in caso di tregua in Ucraina o di avanzata politica della destra radicale di AfD, scettica nei confronti di adesione Nato e invio di aiuti a Kiev. Inoltre, la strategia di Berlino rimane ancorata a modelli convenzionali, forse inadatti a un conflitto dominato da droni, missili e guerra asimmetrica.
Ciò nonostante, la Germania ha rotto il tabù del potere militare e, anche per mettere a posto le finanze, emaciate per la crisi del settore industriale, si appresta a ridefinire la sicurezza europea. Il “miracolo del riarmo” segna quindi il ritorno della Germania al centro del sistema politico continentale: da gigante economico a potenza strategica, vogliosa di guidare la difesa dell’Europa in un’epoca in cui la pace non è più scontata.