I pro-Pal imbevuti di odio verso Israele all’assalto delle capitali occidentali. Dopo l’elezione dell’islamico Zohran Mamdani a New York, denunciato dalla comunità ebraica newyorkese per il suo sostegno in passato allo slogan “globalize the Intifada”, la negazione del carattere ebraico di Israele e l’accusa rivolta a Gerusalemme di aver commesso un genocidio a Gaza, anche Parigi potrebbe presto avere il suo sindaco pro-Pal di estrema sinistra: si tratta di Sophia Chikirou, deputata della France insoumise (Lfi), ossia il partito della gauche radicale di Jean-Luc Mélenchon. «Condurrà una campagna elettorale bulldozer», ha detto al Figaro una figura di spicco della sinistra parigina. Fedelissima di Mélenchon, Chikirou ha ricevuto ieri l’investitura ufficiale per rappresentare il partito mélenchonista alle municipali di marzo e dice di aver «raggiunto il livello di maturità necessario» per essere sindaca della capitale francese.
Ma chi è Chikirou? È la «Mamdani francese», assicurano i dirigenti di Lfi. Per il momento i sondaggi la danno al 15% delle intenzioni di voto, un buon punto di partenza per la 46enne di origini algerine che punterà molto sulla retorica multiculti e pro-palestinese per catalizzare i voti. Come atto di pre-campagna elettorale, la candidata Lfi si è presentata la scorsa settimana al commissariato di polizia del Diciannovesimo arrondissement per chiedere il rilascio degli attivisti filopalestinesi che giovedì 6 novembre avevano interrotto con fumogeni e slogan contro lo Stato ebraico un concerto dell’Orchestra di Israele alla Philharmonie di Parigi. Ma Chikirou, nel recente passato, si è resa protagonista di un episodio ben più grave.
Nell’estate del 2024, pubblicò sul suo account Instagram alcuni messaggi per commemorare l’allora leader politico di Hamas, Ismaël Haniyeh, ucciso da una bomba israeliana mentre si trovava a Teheran. «Un martire», scrisse Chikirou, e capo della «resistenza» palestinese. «Presentando il leader di un’organizzazione terroristica come un “martire”, responsabile di un’organizzazione di “resistenza” e tacendo sui suoi crimini che hanno deliberatamente preso di mira i civili, Urgence Palestine e Sophia Chikirou intendono presentare Ismaël Haniyeh come un uomo rispettabile, degno di lodi e omaggi entusiastici», denunciò l’Unione degli studenti ebrei di Francia (Ujef), sporgendo denuncia per «apologia di terrorismo». Oltre alla Palestina, ha un altro modello Chikirou: la Cina. La scorsa estate, la candidata Lfi a Parigi ha dichiarato che a Pechino non c’è una dittatura, aggiungendo che «la libertà di espressione in Cina è minacciata tanto quanto quella che abbiamo in Francia».
Oltremanica, il musulmano Sadiq Kahn, alle redini di Londra dal 2016, si è fatto riconoscere lo scorso aprile quando nel suo messaggio per la festività islamica di Eid al-Fitr, che segna la fine del Ramadan, ha ricordato le vittime palestinesi nel conflitto della Striscia di Gaza senza fare riferimento all’attacco contro lo Stato ebraico del 7 ottobre 2023. In una nota, l’ambasciata israeliana a Londra si è detta «sconcertata» per il fatto che nel messaggio non venisse fatta «menzione di Hamas o di alcuna condanna del terrorismo» e non venisse chiesto il «rilascio dei 59 ostaggi tenuti in condizioni orribili e disumane». Lo scorso ottobre, durante un question time al Comune di Londra, la leader dell’opposizione Susan Hall ha sollecitato Kahn sulle manifestazioni pro-pal della capitale britannica dove pullulano slogan antisemiti, chiedendogli: «Lei ritiene che gridare “Dal fiume al mare”, come fanno durante queste marce dell’odio, sia appropriato? Pensa che sia antisemita?». Risposta: «Non penso che sia antisemita. Penso che sia tutta una questione di contesto». Amsterdam, da quando c’è la progressista Femke Halsema, è diventata una città pericolosa per gli ebrei. Il 7 ottobre 2024, per il primo anniversario del pogrom di Hamas, ha autorizzato un corteo pro-Palestina. Un mese dopo, i tifosi israeliani del Maccabi Tel Aviv sono stati vittima di una “caccia all’ebreo” per le strade cittadine, guidata dagli immigrati arabo-musulmani di seconda e terza generazione coccolati dalle politiche e la retorica della Halsema.