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Ucraina, lavori in corso. Ma la sinistra boccia a priori ogni accordo di pace

Qualcuno dovrebbe leggere il saggio di William Zartman sulle trattative e la "teoria della maturità"
di Costanza Cavallidomenica 23 novembre 2025
Ucraina, lavori in corso. Ma la sinistra boccia a priori ogni accordo di pace

3' di lettura

Donald Trump non avrà certamente aperto un volume di William Zartman, politologo esperto nella risoluzione dei conflitti, né l’avranno studiato gli emissari che ha mandato a Ginevra per discutere del piano di pace, il segretario di Stato americano Marco Rubio, l’inviato speciale della Casa Bianca Steve Witkoff e il segretario dell’Esercito Dan Driscoll, il veterano, analista e manager vicinissimo a J. D. Vance.

La testata Politico ha già eletto Driscoll nuovo braccio operativo dell’America First, colui che ha l’incarico, e le capacità, di chiudere la guerra e di trasformare i fondi russi congelati in una maxi-operazione di ricostruzione guidata da Washington: un Piano Marshall costruito secondo i dettami degli Stati Uniti trumpiani, che non vogliono spendere più un soldo, tutt’al più guadagnarne, e che quindi gestirebbero, con potenziali ritorni, gli asset sequestrati a Mosca.

Nessuno di loro, dicevamo, avrà preso appunti sui bordi di Zartman, che negli anni Ottanta elaborò la “Teoria della maturità”, con la quale introdusse nell’alfabeto dei mediatori due concetti chiave, la “maturità del conflitto” e lo “stallo reciprocamente dannoso”.

Secondo l’accademico della John Hopkins, cioè, è necessario che le parti si trovino in una situazione di pietrificazione dolorosa dello scontro perché si decidano ad avviare i negoziati. Lo stallo si verifica quando i costi per continuare la guerra, dalla perdita di uomini al dispendio di risorse militari ed economiche fino a questioni di opportunità politica, superano i benefici che si possono ottenere. A quel punto, il conflitto è “maturo” per la risoluzione. Negli ultimi mesi, vari analisti si sono detti convinti che la guerra russo-ucraina avesse raggiunto una stagionatura tale da poter parlare di “pace attraverso lo sfinimento”. A maggior ragione se si esamina lo scontro a partire dall’annessione della Crimea e dallo scoppio della guerra del Donbass del 2014, tenendo conto del fallimento dei due accordi di Minsk e, infine, dell’invasione su vasta scala da parte di Mosca nel 2022.

La maturazione però è proprio la prateria dove, con un’Europa latitante, corre la diplomazia spazientita della Casa Bianca, che non opera attraverso la persuasione ma a botte di ultimatum oliati dagli interessi economici e strategici (chiaro l’intento di strappare Mosca dall’abbraccio di Pechino) e con le minacce di lasciare l’alleato in mutande.

La sinistra c’ha messo un attimo a paragonare i 28 punti del piano americano alla conferenza di Monaco del 1938. Eppure, è la prima volta che esiste un testo da discutere e su cui lavorare. E fino ad ora non era mai stata indicata una via d’uscita realistica, che comprenda concessioni territoriali per l’aggressore e la “riabilitazione” nel consesso internazionale per Vladimir Putin, il tutto con un compromesso digeribile per Kiev.

A Washington va dato il merito di aver cominciato a far girare il pallone della pace, mentre già mantengono un paziente giro palla in Medio Oriente. L’Europa, però, invece di piangere per una sconfitta autoinflitta, può ancora lavorare alle trattative e bilanciare gli interessi degli ucraini.

Almeno noi, apriamo Zartman e leggiamolo fino in fondo: la maturità è la condizione per l’avvio dei negoziati, spiega il politologo, ma non è sufficiente perché abbiano successo. Le parti coinvolte devono avere la prospettiva di ottenere qualcosa, trovarsi cioè di fronte a “opportunità reciprocamente allettanti”, che finora, con le buone o con le cattive, hanno saputo offrire solo gli Stati Uniti.