La Cop30 si è chiusa (in ritardo) sabato. Ma le polemiche continuano. Perché la conferenza delle Nazioni Unite sul clima è stata caratterizzata da accuse, critiche e scivoloni. Non da ultimo l’errore nelle scelta della mascotte. Gli organizzatori dell’evento che si è tenuto a Belém nello Stato di Pará in Brasile, infatti, hanno scelto come personaggio simbolo una divinità dell’Amazzonia Curipira. E fin qui tutto bene. La scelta di uno spirito protettore della foresta per l’evento sul clima e i cambiamenti climatici (in senso lato: l’ambiente) è perfettamente nella logica delle cose. Peccato che sia la divinità sbagliata. Perché Curipira è cattivo. O almeno dispettoso. Un po’ folletto, un po’ spiritello dei boschi, Curipira è molto birichino. E così nei villaggi amazzonici intorno a Belém non hanno dubbi: l’incendio che ha bloccato per ore i lavori della conferenza per il clima delle Nazioni Unite, distruggendo parte dei padiglioni, è opera sua. Il guardiano della foresta che è raffigurato ovunque in città, con i capelli a forma di fiamma (ricorda un po’ i personaggi di Dragonball) e la lancia, scelto come simbolo della Cop30 su poster e gadget, «si è infuriato quando la trattativa ha perso slancio».
Franklin è una guida turistica di Belém e racconta quello che è un sentire comune nel delta del Rio delle Amazzoni. «Nell’incendio un sacco di persone si sono sentite sperdute, questa è sicuramente opera di Curipira. $ quello che dice dal gente». La guida spiega che è stata scelta come simbolo della Cop30 un'entità che protegge la foresta ma non è del tutto buona e se si arrabbia fa perdere il senso dell’orientamento. «Fa smarrire se pensa che sei una minaccia o se crede che stai cacciando troppo o soltanto per divertimento. Si è arrabbiato quando ha visto che i delegati alla Cop erano interessati solo a fare soldi. Le persone qui sono sicure che è stato lui a scatenare l’incendio». Ma oltre alle critiche per la timidezza dei risultati del vertice, condensati in un accordo ritenuto troppo blando, ci sono anche le polemiche sull’equità di genere, come va di moda chiamarla, a fare discutere. Perché, come sempre nei consessi che si professano progressisti, è un attimo finire nel tritacarne mediatico per ipocrisie o peccati veniali. Del resto, si sa, c’è sempre qualcuno più progressista di te.
E allora, anche la Cop30, ha dovuto fare i conti con il femminismo. Come riporta la Bbc, ci sono state infatti polemiche perla scarsa partecipazione di donne al vertice sul clima. Alla Cop30, il coinvolgimento e la presenza delle donne sono stati un punto chiave, anche se alcune fonti affermano che la loro rappresentanza nelle delegazioni fosse intorno al 35%. I sostenitori hanno sottolineato che una forte presenza è fondamentale perché le donne sono colpite in misura sproporzionata dai cambiamenti climatici e la loro partecipazione significativa è necessaria per creare soluzioni climatiche efficaci e sensibili alle questioni di genere. Tra i temi principali figuravano l’ottenimento di finanziamenti, la garanzia di una rappresentanza nei processi decisionali e l’attenuazione delle disuguaglianze di genere specificamente legate agli impatti climatici.
Non solo. Tra le altre cose, il vertice ha approvato un nuovo “Piano d'azione di genere”. Il progetto incarica i Paesi di migliorare la rappresentanza delle donne ai colloqui di lavoro e di garantire che le loro politiche climatiche tengano conto dell’impatto che queste hanno sulle donne e sulle ragazze. Tuttavia, durante la riunione, i rappresentanti di Argentina, Paraguay, Russia e Santa Sede hanno tenuto discorsi in aula criticando il piano. In particolare, si sono opposti al termine “uguaglianza di genere”, sostenendo invece che dovrebbe essere un esplicito riferimento ai sessi biologici di uomo e donna. Bridget Burns, direttrice esecutiva della Women's Environment & Development Organization (WEDO), con sede negli Stati Uniti, afferma che il piano comporta «importanti vantaggi, in particolare un mandato per proteggere e salvaguardare le donne impegnate nella difesa dell’ambiente e opportunità per il collegamento tra clima e lavoro di cura, salute e violenza contro le donne».
Secondo l’Onu, le donne e le ragazze sono colpite in modo sproporzionato dai cambiamenti climatici. Questa vulnerabilità è attribuibile a fattori socioeconomici come l’accesso limitato alle risorse, all’istruzione e alle opportunità di lavoro rispetto agli uomini. Occorre sottolineare, inoltre, come, in questi contesti, le donne siano le principali responsabili della maggior parte dei compiti di cura e della produzione di cibo per la famiglia.