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Vladimir Putin, lo zar nel fango e nella neve: perché ha fretta di vincere

L’inverno ucraino è l’incubo dei soldati, una trappola per i carri armati. Può far fallire ogni strategia militare. Per questo il presidente russo vuole accelerare
di Marco Patricelli mercoledì 3 dicembre 2025

3' di lettura

Anche nell’età della guerra tecnologica fatta di superarmi e algoritmi, il lavoro sporco deve farlo sempre l’umile fantaccino, quello a piedi con gli stivali sulla nuda terra. E adesso è ancora più sporco del resto dell’anno perché nelle pianure dell’Ucraina invase dall’esercito russo è la stagione del fango, quello profondo, grasso, molle; il maledetto fango incubo del soldato nelle trincee, nella macchia, sul campo di battaglia, evocato dalle immagini in bianco e nero della Somme e della Marna nel primo conflitto mondiale e della Linea Gustav in Italia nell’autunno inverno 1943-1944.

Nel Donbass viene chiamato con una parola che già rende l’idea: rasputiza. È il terreno inzuppato dalle piogge e dal nevischio, una pasta viscida che si attacca dovunque, paralizza i mezzi corazzati e appesantisce ogni passo, e non significa solamente impraticabilità. È l’evento meteorologico che da solo vale una strategia militare, anestetizza i piani, addormenta la manovra su strade e sentieri due volte l’anno: con le grandi piogge e il grande disgelo.

Ci sono capitati tutti quelli che si sono affacciati da quelle parti finendo nella trappola dove sono adesso costretti soldati russi e ucraini nella stabilizzazione terrestre del fronte. I tedeschi, quando scatenarono l’Operazione Barbarossa il 22 giugno 1941 dilagando con le panzerdivisionen e le unità meccanizzate della Wehrmacht sulle pianure dell’Ucraina, ribattezzarono la stagione avversa Schlammzeit, il tempo del fango. La “colpa” di quella situazione l’attribuirono agli italiani i quali, poiché stavano buscandole dai greci, avevano costretto Hitler a intervenire invadendo la Jugoslavia e a posticipare la programmata invasione dell’Unione Sovietica. Il ritardo nell’attacco portò allo smorzamento dell’impatto inizialmente irresistibile prima per l’arrivo della rasputiza e poi dell’inverno russo.

Il risultato fu il fallimento strategico di un piano arrivato a un soffio dal successo totale, e pure che i soldati dovettero affrontare pioggia e fango anche nella tragedia della ritirata. L’evoluzione meteo, oggi prevedibile con certezza grazie ai satelliti, in passato ha condizionato guerre e campagne rovesciando premesse e prospettive. Nel 1943 l’8ª Armata di Montgomery, proveniente dall’Africa, affrontò la guerra in Italia con i dati meteo della costa e si ritrovò col fango alle ginocchia e l’impossibilità di far valere sui tedeschi lo strapotere in camion, blindati, corazzati e cannoni.

Con la nebbia neppure gli aerei potevano levarsi in volo. Come le fotografie d’epoca testimoniano, si dovettero razziare muli e asini per trasportare viveri, rifornimenti e proiettili d’artiglieria. Anche per questo la Linea Gustav resistette fino alla primavera del 1944. Forse sarà un caso forse no, ma Vladimir Putin ha tirato fuori la mimetica di sartoria dalla naftalina e ha chiesto ai suoi generali di accelerare il colpo finale all’Ucraina su tutto il fronte che ha dichiarato di controllare metro per metro, prima che l’inverno blocchi la mossa risolutiva. L’uomo del Cremlino pretende una spallata per non ripetere ciclicamente lo scenario della paralisi operativa stagionale.

La rasputiza non impedisce movimenti tattici e infiltrazioni, ma il problema è che un territorio, una volta raggiunto e conquistato, va tenuto, e difficilmente questo riesce senza mezzi corazzati, catena logistica di rifornimento e messa in sicurezza dagli attacchi missilistici e dei droni. Come già accaduto in questo conflitto e su questo scenario dilatato, le operazioni su grande scala saranno limitate durante autunno e inverno e depotenziate, a meno di una rottura in profondità del fronte che lo faccia crollare, come Putin pretende. Il morale dell’esercito ucraino, in questa fase storica, non è uno degli elementi di forza di Kiev, e non si rialza a colpi di proclami. Servono uomini, armi e regolarità di rifornimenti.

La BCE ha risposto picche alla Commissione europea di fare da garante per la liquidità necessaria a Kiev attraverso l’utilizzo di beni russi congelati. C’è in atto un conto alla rovescia verso un cessate il fuoco che terminerà in ogni caso con la fotografia delle rispettive linee di demarcazione. Nella storia praticamente mai un esercito è receduto dalle posizioni conquistate per poter svolgere le trattative. Poi sarà un altro discorso. Per questo Putin, in versione mimetica che gli fa fare pendant con l’arcinemico Zelensky, ha fretta di chiudere la partita: adesso dalla sua parte tutte le condizioni sono favorevoli, tranne quelle meteorologiche.

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