Trova le differenze

Lituania, il muro anti-immigrati che piace all'Europa: loro lo possono fare, Orban no. Che vergogna a Bruxelles

Giovanni Longoni

C'è muro e muro. Quelli costruiti da Viktor Orban e Donald Trump per fermare i migranti sono una minaccia alla convivenza democratica, quelli invece eretti da governi spostati più a sinistra o amici dell'Unione europea sono accettabili. Estremi rimedi a mali estremi. Un recentissimo esempio di queste "barriere benintenzionate" è quella che la Lituania ha cominciato a realizzare giovedì sul confine con la Bielorussia. L'annuncio di inizio lavori è stato dato dalla premier Ingrida 'Simonyte (centrodestra) dopo una settimana di crescenti tensioni per il Paese baltico. Il 2 luglio Vilnius aveva dichiarato lo stato di emergenza dopo che nelle ore precedenti si era registrato un flusso strordinario di ingressi clandestini attraverso la frontiera con la Bielorussia. Straordinario da un punto di vista lituano: si parla di 150 clandestini fermati in 24 ore, 822 entrati dall'inizio dell'anno; pochini rispetto a quello che capita a Lampedusa e dintorni, ma comunque dieci volte il numero di arrivi totali registrati in Lituania nel 2020.

 

 

DESTABILIZZARE I VICINI
Dietro l'anomalo flusso c'è la mano di Alexander Lukashenko, il presidente e dittatore della Bielorussia, ai ferri corti con l'Unione europea e in particolare con i Paesi prossimi (i tre baltici più la Polonia) che sono schierati a favore dell'opposizione democratica di Minsk. La situazione è degenerata il 23 maggio dopo il dirottamento da parte dell'aviazione bielorussa di un aereo Ryanair partito da Atene e diretto a Vilnius: a bordo c'era il dissidente Roman Protasevich, arrestato allo sbarco, e la fidanzata Sofia Sapega, fermata e poi liberata. Comprensibilmente Vilnius ha preso malissimo l'atto di pirateria e ha chiesto aiuto a Bruxelles che ha imposto sanzioni contro Lukashenko e soci. Il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, ha subito assicurato al presidente lituano, Gitanas Nauseda, il massimo sostegno. Bruxelles si è impegnata a mandare Frotex, l'agenzia per il controllo delle frontiere comunitarie, a dare una mano a gestire il problema come pure a sveltire «le procedure di rimpatrio e riammissione» nei Paesi di origine (i profughi sono mediorientali e afghani). Michel si è pure recato di persona al confine, per dimostrare quanto i vertici continentali tengano alla questione.

 

 

550 CHILOMETRI
A Vilnius però l'appoggio Ue non è bastato e hanno mandato l'esercito a montare una barriera di 550 chilometri, i primi 30 nei pressi della città di Druskininkai. I confini, in quel lembo orientale d'Europa, sono segnati da fiumi e laghi e dove non c'è una barriera naturale si ricorre a quelle artificiali. Che già esistono. Nel 2017 i lituani hanno militarizzato il confine con l'enclave russa di Kaliningrad costruendo un "muro" di filo spinato. Anche con la Bielorussia esistono barriere simili ma non su tutto il confine. Il piano attuale sembra puntare a rafforzare le barriere nei luoghi critici, da cui passano i migranti. La 'Simonyte ha anche annunciato che la Lituania sta pensando di imporre controlli con i Paesi europei confinanti per fermare i migranti che transitano da Vilnius per spostarsi verso l'interno della Ue. Le persone in arrivo sono soprattutto iracheni. Le autorità baltiche sospettano l'esistenza di un ponte aereo fra Bagdad e Minsk. Secondo 'Simonyte, «ci sono agenzie di viaggio bielorusse che offrono voli diretti fra Minsk a Bagdad». Insomma, Lukashanko starebbe attirando gli arabi nel suo Paese per poi scaricarli sui vicini che gli stanno sulle scatole, Lituania in primis. Giusto che quest'ultima si difenda, anche rafforzando le sue difese esterne sui confini, che poi rappresentano il "limes" orientale dell'Europa. Ma che differenza c'è fra il muro della 'Simonyte e quello di Orban? L'unica è che il primo è fatto per contrastare un nemico della Ue, Lukashanko, l'altro per bloccare le mosse di Erdogan, che fa o minaccia di fare alla Ue le stesse cose del collega di Minsk.