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Mario Draghi, siluro su Bruxelles: "Il problema non sono i dazi di Trump, cosa non avete fatto"

sabato 15 febbraio 2025

2' di lettura

Tra crescita anemica e minacce dei dazi Usa "le ultime settimane hanno fornito un duro promemoria circa le vulnerabilità dell’Europa" considerando "la dipendenza dalla domanda estera". Lo sottolinea l’ex premier e presidente della Bce Mario Draghi in un commento pubblicato sul ’Financial Times’ in cui spiega come "due fattori principali hanno condotto l’Europa in questa situazione difficile, ma possono anche farla uscire" dalla crisi purché sia "disponibile a un cambiamento radicale".

"Il primo è la lunga incapacità dell’UE di affrontare i suoi vincoli sulle forniture, in particolare le elevate barriere interne e gli ostacoli normativi. Questi sono molto più dannosi per la crescita di qualsiasi tariffa che gli Stati Uniti potrebbero imporre e i loro effetti dannosi stanno aumentando nel tempo. L’Fmi stima che le barriere interne dell’Europa equivalgano a una tariffa del 45 percento per la produzione e del 110 percento per i servizi. Queste riducono di fatto il mercato in cui operano le aziende europee: il commercio tra i paesi dell’UE è inferiore alla metà del livello del commercio tra gli stati degli Stati Uniti".

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Draghi lamenta come le normative Ue abbiano "ostacolato la crescita delle aziende tecnologiche europee impedendo all’economia di liberare grandi benefici in termini di produttività". Un esempio, sono "i ​​costi per conformarsi al GDPR, ad esempio, che si stima abbiano ridotto i profitti delle piccole aziende tecnologiche europee fino al 12 percento". L’ "incapacità di ridurre le barriere interne ha anche contribuito" a una dipendenza dell’Europa dal commercio che oggi in termini di Pil pesa il 55 % nella zona euro, mentre in Cina è al 37 percento e negli Stati Uniti solo al 25 percento. Un elemento che - ricorda Draghi - "è stato una risorsa in un mondo in via di globalizzazione, ma ora è diventata una vulnerabilità". 

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