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I "volenterosi" cosa vogliono? Con che strategia? Con quali mezzi? Ecco l’inganno

Nel migliore dei casi sono un auspicio frustrato. E soffrono una cronica crisi d’identità
di Giovanni Sallusti sabato 7 giugno 2025

3' di lettura

Sembra un problema lessicale, è un garbuglio geopolitico. La parola di partenza è “volenterosi”. Nella finzione del racconto, indica quel gruppo di nazioni e leader europei che si candida a rappresentare un fronte di pressione diplomatico-militare sulla Russia di Putin autonomo o, nelle improbabili intenzioni degli esordi, addirittura in opposizione agli Stati Uniti di Trump. Nella realtà, quella che Machiavelli chiamava «la verità effettuale della cosa», intrisa di potere, capacità di proiezione, deterrenze reciproche (le «carte che si hanno in mano», semplifica un pokerista inveterato come The Donald), i “volenterosi” sono nel migliore dei casi un auspicio frustrato. Anzitutto, soffrono una cronica crisi d’identità: non è chiaro proprio “che cosa vogliono”. Sì certo, a parte un generico e ridondante impegno a “sostenere l’Ucraina”, ma parliamo di capi di Stato e di governo. Lo sapranno, che la politica, specie la politica al confine con quella sua particolare e tragica variante che è la guerra, non può limitarsi alla retorica, implica rapporti di forza, strategie anche offensive, implica piani. Qual è il piano di Monsieur Macron, di Herr Merz, di Mister Starmer?

Trump un piano ce l’ha, si chiama «pace attraverso la forza»: legare a sé l’Ucraina tramite un accordo commerciale sulle terre rare che è anche una notevole garanzia implicita e costringere la Russia al tavolo negoziale evocando pressioni militari ed economiche. Sì, è un piano che al momento sta funzionando poco, principalmente per il tatticismo dilatorio di Mosca. Benissimo, e i “volenterosi”? Hanno uno straccio di schema alternativo a quello trumpiano? Nella rappresentazione mediatica, dapprima lo schema si è chiamato Riarmo Europeo. Ma nella sostanza geopolitica è presto emerso come la formula di marketing fosse funzionale da un lato all’eterna velleità imperiale francese (Macron arrivò a offrire il proprio ombrello nucleare portatile in sostituzione di quello Usa) e dall’altro alla rianimazione dell’industria tedesca piegata in primis dal Green Deal. «La Germania avrà l’esercito più forte d’Europa», ha tuonato Merz, ed è difficile non segnalargli come l’ultima volta che accadde non andò benissimo.

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C’è qualche interesse del popolo italiano, o dei popoli europei diffusi oltre l’asse Parigi-Berlino, in tutto ciò? Evidentemente no. Se poi intendiamo la volontà nel senso vagamente nietzschiano della “volontà di potenza”, peggio mi sento. Il bluff delle truppe schierate con gli stivali sul terreno ucraino è durato lo spazio di qualche dichiarazione, anche perché nessun europeo fuori dai confini francesi vuole prendere ordini da Macron. Ma soprattutto: che in questo caso lo vogliano o no, i “volenterosi” hanno una cogenza militare (specie rispetto a una potenza nucleare come la Russia, sostenuta discretamente da una superpotenza globale come la Cina) solamente sotto una premessa, che si chiama Nato. Quindi, e siamo da capo, solamente al fianco dello Zio Sam. È un rompicapo strategico, che si risolve in un solo modo: accettando che i “volenterosi”, fuori dagli Editoriali Collettivi che vanno in fregola ogni volta che i leader prendono un caffè insieme, non esistono. Tanto meno come soggetto attivo e in grado di incidere sulla Storia mentre si fa. L’ultima prova? Sta nel viaggio di Merz a Washington. Cosa ha ottenuto il Cancelliere da Trump? A parte la battuta taglientissima sull’anniversario del D-Day («non fu un giorno piacevole per voi»), meno di nulla. Ottenne molto di più, ad esempio la certificazione di una “relazione speciale”, Giorgia Meloni. Eppure, a lei si fecero le pulci sezionando ogni virgola, mentre Merz è circondato di un’indimostrata aurea sapienziale. Sì, la narrazione dei “volenterosi” è un inganno alla radice.

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