Come immagine è tanto efficace quanto impietosa: Donald Trump è "uno schiacciasassi", Ursula Von der Leyen "una monetina" sulla sua strada. Come sia andata a finire, è facilmente intuibile. A sottolinearlo è l'economista Roberto Perotti, che su La Stampa riflette sulla questione dazi e sul vertice di domenica scorsa in Scozia tra il presidente degli Stati Uniti e la presidente della Commissione Ue. Un faccia a faccia letto da molti come una resa incondizionata della esponente tedesca del Ppe.
Secondo Perotti, non è però solo una questione di scarsa leadership di Ursula. Il problema è a monte: una Unione divisa, incapace di avere una politica unitaria dal punto di vista finanziario e industriale, una assenza totale di tattica e di strategia. Al tavolo, la Von der Leyen si è presentata di fatto "senza avere carte da giocare" per mettere spalle al muro Trump. Non una pistola carica o una minaccia, semplicemente una contropartita per strappare al capo della Casa Bianca condizioni migliori del 15% poi pattuito.
L’Europa dipende fortemente dai servizi digitali americani, come il cloud di Amazon, i social media e i motori di ricerca, che rappresentano un export Usa verso l’Ue del valore di 200-300 miliardi di dollari annui. Tassare i servizi, come suggerito da molti, avrebbe rischiato di privare i cittadini Ue di quegli stessi servizi. Un disastro. Per questo Ursula non ha potuto fare altro che accettare un compromesso, perché il 15% è comunque minore e più "assorbibile" rispetto al 30% ipotizzato inizialmente da Washington.
Ma c'è anche un altro guaio: la maggioranza Ursula si è rivelata per quello che in fondo molti sospettavano fin dallo scorso settembre: debole e frastagliata, preoccupata solo di arginare l'influenza di Giorgia Meloni e la crescita dei sovranisti all'opposizione. Risultato: il mandato alla presidente è stato debolissimo. E si è visto.