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Cibi spazzatura: l’Ue vuole tassarli ma la soluzione non è questa

La notizia che la Commissione europea sia pronta a introdurre una tassa per dissuadere dall’uso di cibi e bevande dannosi per la nostra salute non ci riempie di gioia, anzi genera in noi sincere perplessità.
domenica 16 novembre 2025

3' di lettura

Che lo junk food, letteralmente “cibo spazzatura”, sia da evitare per gli effetti deleteri che può avere sulla nostra salute, è risaputo. A maggior ragione dovremmo augurarci che scompaia dalle tavole noi italiani, che abbiamo la fortuna di aver ereditato dai nostri padri una “cucina mediterranea” riconosciuta da tutti come la più sana ed equilibrata. Eppure la notizia che la Commissione europea sia pronta a introdurre una tassa per dissuadere dall’uso di cibi e bevande dannosi per la nostra salute non ci riempie di gioia, anzi genera in noi sincere perplessità.

Due sono gli elementi che destano preoccupazione in chi ancora conserva una sensibilità liberale: da una parte, l’idea che pertenga al potere pubblico il compito di regolare e normare i comportamenti privati e gli stili di vita dei cittadini; dall’altra, l’idea di usare la leva fiscale per raggiungere l’obiettivo. Sono connotati che francamente stridono con i principi su cui è andato costruendosi lo Stato moderno, caratterizzato da una rigida separazione fra la sfera di pertinenza dell’individuo, in cui egli esercita la sua libertà, e quella propria dello Stato, che deve preservare per sé una sorta di ruolo arbitrale evitando che la libertà di ognuno vada a cozzare con quella degli altri. Questa impostazione, che dà al potere pubblico un ruolo per lo più “negativo”, è andata negli ultimi tempi sempre più attenuandosi attraverso il diffondersi di pratiche e teorie “interventiste” tese a correggere storture vere o presunte ma che hanno finito per crearne di altre e più gravi. In questo modo, man mano che cresceva la “mano pubblica”, sempre più diminuiva quella della libertà personale, con l’individuo ridotto a mero ingranaggio di un meccanismo che può solo in parte controllare. Questo pericolo, d’altronde, era stato individuato con già dai padri del liberalismo che avevano messo in guardia dal “regime paternalistico”. In effetti, quando lo Stato si propone di educare, cioè si atteggia a “Stato pedagogo”, il cittadino finisce per perdere quella sua caratteristica fondamentale, strettamente correlata alla sua libertà, che è la capacità di essere responsabile. Rimane in qualche modo in uno stato di fanciullezza, quasi come avesse bisogno di un genitore che lo guidi costantemente; quasi simile, per fare un altro esempio classico, ad una docile pecora che nel suo gregge aspetta un padrone che la porti al pascolo e gli eviti le insidie della vita (che per le pecore sono, come è noto, i lupi). Nel Novecento questo modello è stato messo in pratica, in modo quasi scientifico, dagli Stati totalitari, che non si sono limitati a governare i corpi ma hanno puntato dritto alle menti dei sudditi. Una tecnica che ha raggiunto livelli sofisticati nella Cina odierna, ove si presenta con una faccia dolce o soft ma che, con l’aiuto delle nuove tecnologie, riesce ad esercitare un vero e proprio controllo o sorveglianza sui cittadini.

Per fortuna, l’Occidente è ancora lontano da questo orizzonte, ma è indubbio che provvedimenti come quello che sta per adottare l’Unione Europea (insieme ad altri che ha già adottato) si muovono lungo quella direzione, spesso inconsapevolmente (il che è un aggravante). Chi ha più il coraggio di dire che a noi stessi ed anche alla nostra salute ci pensiamo da soli e che se vogliamo farci del male siamo liberi di farlo se non rechiamo danno ad altri? Certo, spesso si fa del male per scarsa consapevolezza e quindi ben vengano le campagne di informazione e educazione, soprattutto se serie e scientifiche e aperte al confronto e al contraddittorio. Con esse la prevenzione delle malattie causate dall’alimentazione risulterebbe alla lunga più efficace, come dovrebbero sapere, e forse non sanno, i patrocinatori del “piano per la salute cardiovascolare” entro cui si inserisce la normativa (le malattie cardiache siano oggi la principale causa di morte nel vecchio continente). Quanto poi all’uso della leva fiscale, come non far presente che le tasse dovrebbero essere il giusto corrispettivo dato dai cittadini per il buon funzionamento della macchina pubblica e non dovrebbero avere effetti redistributivi e distorsivi. Il socialismo, che ha seguito questa strada, è miseramente fallito. E l’Europa, che ha già la tassazione a livelli stratosferici, non riesce anche per questo ad investire e a innovare e stare al passo con gli altri paesi.

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