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Federica Mogherini, quel metodo italiano nelle indagini europee

Le notizie in arrivo da Bruxelles? Per ora più fumo che arrosto. Proprio come troppo spesso accade a casa nostra...
di Francesco Damato giovedì 4 dicembre 2025

3' di lettura

Avverto francamente, almeno per ora, più fumo che arrosto nelle notizie provenienti da Bruxelles, peraltro nel secondo anniversario, cioè tre anni dopo, del cosiddetto “Qatergate”. Che costò la carica e altro ancora alla giovane vice presidente greca dell’Europarlamento Eva Kajli, finita in carcere come l’assistente e compagno italiano Francesco Giorgi sotto l’accusa di corruzione, fra sequestri anche di sacchi di soldi distribuiti presuntivamente, direttamente o indirettamente dal Qatar, appunto, per sostenere la sua candidatura ad ospitare le Olimpiadi del 2036.

Ho appena consultato Wikipedia, in mancanza di un archivio giudiziario internazionale accessibile con i miei modesti mezzi, e non ho trovato traccia di una conclusione di quello scandalo che sembrò avere scosso l’intero Parlamento europeo, ma più in particolare la componente italiana per il coinvolgimento del già citato Giorgi, dell’europarlamentare del Pd Andrea Cozzolino e dell’ex Antonio Panzeri, del partito allora chiamato “Articolo uno”, fondato da Bersani, D’Alema, Speranza ed altri usciti dal Nazareno per protesta contro Matteo Renzi. Non ho trovato traccia – ho letto poi in qualche cronaca- semplicemente perché non ce ne sono, essendo l’inchiesta ancora al palo. O quasi, comunque sommersa dalla polvere in qualche anfratto.

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Il turno questa volta è toccato agli italiani, per fortuna non parlamentari, Federica Mogherini, Stefano Sannino e Cesare Zegretti, rispettivamente rettrice del Collegio europeo di formazione diplomatica, ambasciatore e manager. Fermati, arrestati e quant’altro sotto l’accusa di corruzione, conflitto d’interessi e altro per una gara sospetta di forniture.

I “soliti italiani”, ho letto in titoli e cronache di casa nostra. E deve avere pensato a Mosca anche la portavoce del Ministero degli Esteri, che tuttavia nell’intingervi il biscotto ha preferito mettere nel mirino l’intera Unione Europea in questa congiuntura internazionale. In cui per la guerra in Ucraina in corso da quasi quattro anni è proprio l’Unione Europea, più degli Stati Uniti, la controparte maggiormente scomoda e odiata dal Cremlino.

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Non conosco personalmente Federica Mogherini, 52 anni compiuti a giugno, già ministra degli Esteri d’Italia e “alto rappresentante” della Commissione Europea per gli affari internazionali e la sicurezza. Mi fido però della rappresentazione fattane sul Riformista di Claudio Velardi da Aldo Torchiaro. Che ha scritto, testualmente e solidarmente in un editoriale: «L’ex dirigente della Federazione Giovanile Comunista e della Sinistra Giovanile, cresciuta a pane, Gramsci e Napolitano, è oggi un’apolide della politica. Nel Pd che l’aveva promossa a massima autorità della politica internazionale europea Mogherini è oggi misconosciuta. Non risultano suoi contatti di alcun tipo con Elly Schlein e con la segreteria del Nazareno. Apprezzata da Massimo D’Alema prima, da Enrico Letta poi e infine da Matteo Renzi, Mogherini ha conosciuto un precipitoso tramonto. Ed è stata confinata nella gabbia dorata del College d’Europe senza più una interlocuzione politica attiva con il centrosinistra italiano. Del nuovo campo largo, per capirci, non aveva il numero di telefono». E neppure l’indirizzo.

Mi scuso con Torchiaro, il suo direttore e il mio del saccheggio che ho fatto del suo racconto della rettrice del College d’Europa al secondo anno del suo secondo mandato, voluto personalmente dalla presidente della Commissione di Bruxelles Ursula von der Leyen con le procedure dovute, per quanto contestate da qualche parte.

Mi scuso infine con i lettori del sospetto che ho- malizioso di scuola rigorosamente andreottiana - che alla Procura federale belga e dintorni si parli, per tempi, metodi e modalità d’indagine, l’italiano giudiziario. Forse anche un po’ più spinto. Che è tutto dire.

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