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Vittorio Feltri su Leonardo: "Piace ai francesi, che male c'è? Non lamentiamoci se ci chiamano inaffidabili"

di Davide Locano domenica 10 novembre 2019

4' di lettura

L'Italia è sempre identificata con lo splendore del Rinascimento. Beh, in effetti non è che nei secoli successivi il nostro paese, ancora diviso o già unitario, abbia offerto "prestazioni" memorabili. Naturalmente è un Rinascimento un po' da cartolina, non falso ma adattato ai gusti e alle esigenze dei turisti. E quindi arte, mecenatismo, dinastie, dame. In realtà il Rinascimento fu attraversato da enormi tensioni politiche e religiose. Gli Stati italiani erano in perenne conflitto fratricida. Le grandi famiglie producevano anche tiranni poco illuminati. Il Vaticano era l' ago della bilancia ma pure la preda più ambita. Avere un Papa della propria fazione assicurava una rigogliosa stagione di dominio. Le compagnie di ventura facevano la guerra per procura però i mercenari, da sempre, sono fedeli solo alla paga. Il Rinascimento ci ha dato il metodo scientifico ma resta un periodo di alchimisti in cerca della pietra filosofale. Leggi anche: "Con una donna di Forza Italia": Feltri, rivelazione piccantissima L' uomo era al centro di tutto, per la prima volta. Ciononostante il processo di secolarizzazione avrà conseguenze non sempre gradevoli. Si scopriva il nuovo mondo ma l' Europa iniziava a perdere la sua centralità, un processo nel quale siamo ancora immersi. La politica, da minuetto diplomatico seguito da mazzate, diventava uno sfoggio di cinico realismo seguito da mazzate. LA RICORRENZA Problemi e opportunità epocali, dunque, che hanno prodotto innovazioni altrettanto epocali in tutti i campi. E ora veniamo ai nostri giorni. Quest' anno cadevano i 500 anni dalla morte di Leonardo da Vinci. Il genio toscano è sepolto in Francia dove visse negli ultimi anni. Ovvio quindi che una parte delle celebrazioni abbia luogo Oltralpe. Meno ovvie un paio di cose: l' Italia ha demandato ai francesi rinunciando a proporre qualcosa di significativo; la collaborazione con i cugini di Parigi si è trasformata in una barzelletta di quelle che iniziano così: «Ci sono un italiano, un francese e Leonardo da Vinci». Cerchiamo di riassumere per quanto possibile la vicenda triste eppure utile come un trattato di antropologia per capire il potere italiano. Passano i mesi e cambiano i ministri della Cultura alla velocità della luce. Il nemico di ieri diventa l' amico di oggi. Il numero due del Partito democratico, Dario Franceschini, offre ponti d' oro ai transalpini: prego, venite e servitevi a vostro piacimento. In cambio ci date qualche Raffaello per la mostra italiana dell' anno prossimo? Risposta vaga: mah, sì, vediamo. Cade il governo, arriva il grillino-leghista Alberto Bonisoli, che sarà ricordato per... non mi ricordo. Bonisoli è contrario a prestiti ingenti o meglio i direttori dei musei gli fanno notare che non possono privarsi di quadri fondamentali, proprio quelli per i quali i cinesi si mettono in marcia per venire a Firenze, ad esempio. Dai ponti d' oro si passa a quelli di legno. Bonisoli fa sapere: vi diamo qualche disegno, accontentatevi. Cade il governo, ritorna Dario Franceschini con il suo mantra: prestare, prestare, prestare. Non possiamo togliere l' Annunciazione dalla parete degli Uffizi? Ma diamo a Parigi almeno l' uomo di Vitruvio, un disegno, un simbolo della personalità eclettica di Leonardo. Bene, accordo fatto. Passa un mese e interviene, come sempre in Italia, il Tar: calma, calma, l' uomo di Vitruvio non si può spostare per motivi di sicurezza e incolumità dell' opera. In Francia si irrigidiscono un po': allora scordatevi i Raffaello, trapela a livello non ufficiale. Nel frattempo gli esperti si danno battaglia sulle pagine dei giornali, confondendo ulteriormente le acque. GLI ESPERTI Già, perché intervengono anche esperti che sono parte in causa nelle varie celebrazioni. Parleranno in nome della scienza o della coscienza di dover portare a casa il massimo per la propria causa? Ah, saperlo, direbbe Roberto D' Agostino, deus ex machina del sito Dagospia. In attesa delle prossime puntate, che purtroppo non mancheranno, possiamo fare qualche mesta considerazione. L' Italia riesce a non essere d' accordo con se stessa nel consueto moltiplicarsi dei centri decisionali. Comandano il ministro, i burocrati del ministero, i direttori dei musei, gli esperti, il Tar... Tutti quanti, contemporaneamente, e tutti quanti con una idea diversa, meglio se contraria a quella del ministro che rimedia figuracce e va vedere quanto conta: come il due di picche. Poi noi italiani ci lamentiamo se siamo considerati inaffidabili: non riusciamo neppure a decidere se mandare un disegno (già promesso) in Francia ed è comunque un passo avanti rispetto ai tempi in cui iniziavamo una guerra con un alleato e la finivamo con un altro. L' Unione europea è magnificamente unita. Invece di festeggiare insieme, le celebrazioni vengono lottizzate: un Leonardo a te, un Raffaello a me. Ci potrebbe anche stare, in un' ottica bizzarra di complementarietà, se a questo non si aggiungesse lo scambio delle figurine con ripicca: se tu non mi dai Leonardo, scordati Raffaello. Italia, paese ridicolo, inserito in una Unione ridicola, geograficamente parte di una ridicola penisola chiamata Europa, sempre più una semplice appendice della grande Asia. di Vittorio Feltri

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