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Antonio Ingroia, sequestrati beni per 150mila euro: le accuse che le mettono definitivamente ko

di Andrea Tempestini domenica 18 marzo 2018

2' di lettura

Per Antonio Ingroia finisce davvero malissimo. I finanzieri di Palermo hanno sequestrato oltre 150.000 euro all’ex Pm antimafia, oggi avvocato, e a Antonio Chisari, all’epoca dei fatti, rispettivamente, amministratore unico e revisore contabile della società regionale Sicilia e-Servizi spa (oggi Sicilia Digitale spa), entrambi indagati per una duplice ipotesi di peculato. Il provvedimento di sequestro preventivo è stato emesso dal Gip su richiesta della Procura di Palermo. Leggi anche: Ingroia disperato, si riduce a proporsi a Di Maio Ingroia, in particolare, dapprima liquidatore della società (dal 23 settembre 2013), è stato successivamente nominato amministratore unico dall’assemblea dei soci (carica che ha ricoperto dall’8 aprile 2014 al 4 febbraio 2018). Le indagini hanno accertato che il 3 luglio 2014 si è auto-liquidato circa 117.000 euro a titolo di indennità di risultato per la precedente attività di liquidatore, in aggiunta al compenso omnicomprensivo che gli era stato riconosciuto dall’assemblea, per un importo di 50.000 euro. Una auto-liquidazione del compenso che ha, di fatto, determinato un abbattimento dell’utile di esercizio del 2013 da 150.000 euro a 33.000 euro. Secondo quanto documentato dai finanzieri del Nucleo di Polizia economico-finanziaria di Palermo, la violazione della normativa nazionale e regionale in materia di riconoscimento delle indennità premiali ai manager delle società partecipate da pubbliche amministrazioni, è stata avallata dal revisore contabile Chisari, il quale, in base alla disciplina civilistica, avrebbe dovuto effettuare verifiche sulla regolarità dell’operazione. Ingroia si sarebbe, inoltre, indebitamente appropriato di ulteriori 34.000 euro, a titolo di rimborso spese sostenute per vitto e alloggio nel 2014 e nel 2015, in occasione delle trasferte a Palermo per svolgere le funzioni di amministratore, nonostante la normativa nazionale e regionale, chiarita da una circolare dell’assessorato regionale dell’Economia, consentisse agli amministratori di società partecipate residenti fuori sede l’esclusivo rimborso delle spese di viaggio. A tal fine, lo stesso legale aveva adottato un regolamento interno alla società che consentiva tale ulteriore indebito rimborso. Anche in questo caso la violazione della normativa vigente è stata avallata dal revisore contabile, indagato in concorso con l’ex magistrato, anche per questa seconda ipotesi di peculato.

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