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Gerardo Greco direttore del Tg4, retroscena: ecco perché Silvio Berlusconi lo ha voluto mettere in quel ruolo

di Davide Locano domenica 12 agosto 2018

3' di lettura

E ora, qualcosa di completamente diverso, direbbero i Monty Python. Dal 10 agosto Gerardo Greco sarà il nuovo direttore del Tg4. Avrà al suo fianco il condirettore Rosanna Ragusa. La sua mission sarà, senza troppi giri di parole, quella di modificare il volto dell’informazione di Rete4 rendendola meno urlata e «più autorevole, dato che gli anni scorsi la politica antigovernativa e molto filoleghista e M5S non ci ha favorito, anzi...», come ci ripetono alti papaveri Mediaset. «L’ingresso di Gerardo Greco alla guida del Tg4 anticipa un altro importante rinnovamento, quello di tutta Retequattro. Dalle prossime settimane metteremo in atto una vera e propria rivoluzione» commenta Mauro Crippa, il Mike Pompeo dell’Informazione Mediaset. Leggi anche: Gerardo Greco, la scalata a Mediaset Greco, romano, classe ’66, laureato in Scienze Politiche, è stato un pilastro della Rai. Corrispondente da New York per il Tg2 e il Tg1 (2001-2013), conduttore di UnoMattina Estate e dal 2013 al 2017 di Agorà su Raitre, è stato anche direttore del Giornale Radio Rai e di Radio1, dove aveva compito l’ardito - e riuscito - esperimento di “televisionizzare” le onde medie. Da quando, nel giugno scorso, è stato tambureggiato il suo arrivo, nei corridoi del Biscione la parola «rivoluzione», appunto, è stata usata e abusata. Crippa spiega che la rivoluzione passerà per «un nuovo access prime time, quattro nuovi programmi di informazione, attualità e divulgazione in prima serata. E questo nuovo Tg4. Sfide che potremo affrontare solo così, riorganizzando le nostre news per essere sempre più efficienti e più efficaci». E il chiaro riferimento è, oltre a Greco, al rilancio giornalistico di Barbara Pallombelli, in funzione anti-Lilli Gruber. Insomma la Rete4 di Sebastiano Lombardi si butta sullo stesso terreno della diretta concorrente La7. E cerca di scrollarsi di dosso il marchio antico di Emilio Fede e quello, più recente, di Mario Giordano, quest’ultimo molto più filoleghista e populista di quanto oggi, per Forza Italia, gli equilibri politici non consentano. Greco prima con la gestione quotidiana di Agorà su Raitre e poi con quella totalizzante di RaiRadio1, ha dimostrato di ottenere alti ascolti e di essere il metronomo perfetto delle tematiche politiche, specie con sfondo migranti e diritti civili. E questa sarebbe una ventata d’entusiasmo e - come abbiamo già scritto - di aria fresca nella un po’ stantia informazione Mediaset. È casuale, eppure così straordinariamente simbolico che Greco scenda in campo proprio mentre Silvio Berlusconi prefigura la nascita di un nuovo soggetto politico che entri completamente nell’orbita del Partito Popolare europeo, scostandosi completamente dallo scomodo alleato Salvini. Per una svolta al centro serve un uomo di centro. E Greco, esempio perfetto di baricentro politico, è il giornalista più centrista che conosca. L’operazione, quindi, oltre che televisiva, ha un sapore altamente strategico tout court. Un tentativo di smarcarsi dalle notizie in stile Lega, concentrate sulle viscere dell’uomo della strada; e di recuperare un pubblico più “alto” di moderati. L’idea ci sta tutta. Anche se io confermo i miei dubbi sull’operazione ma è un problema mio. Per due motivi. La difficoltà storica di cambiare il pubblico di Rete 4; e le strategie editoriali a medio raggio di Mediaset legate inevitabilmente agli ascolti. Sarà dura, caro Gerry. La rivoluzione non è un pranzo di gala (e, in questo caso, neanche Il pranzo è servito...). di Francesco Specchia

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