Oltre 4mila scuole certificate per la dislessia. Con tanto di bollino dedicato e insegnanti formati appositamente per seguire bambini e ragazzi alle prese con questo disturbo. È attiva da una manciata di ore la piattaforma realizzata da Fondazione Tim (www.dislessia.fondazionetim.it) che propone il primo approccio digitale integrato in Italia mettendo a disposizione di famiglie,docenti,studenti e pediatri, strumenti tecnologici innovativi per sostenere genitori e scuole nell’affrontare questo disturbo, anche per screening precoci. Si parte con una vera e propria mappa degli istituti scolastici italiani che hanno superato le “selezioni” dell’Associazione italiana dislessia (Aid) e da oggi sono direttamente consultabili in questo grande database alla portata di tutti. Basta smanettare qualche minuto davanti al computer e a colpi di click si può individuare il liceo omologato più vicino a casa.Collegarsi per credere. Su circa 5mila plessi coinvolti nel progetto hanno ottenuto la certificazione in 4.342,per un totale di ben 123.824 docenti promossi a pieni voti: da Sondrio a Palermo, insomma, le classi dello Stivale diventano sempre più attente alle esigenze degli alunni dislessici. E la fotografia, cartina geografica alla mano,parla da sola: nella provincia di Napoli ci sono 402 istituti iscritti all’iniziativa, in quella di Roma 394 e nel milanese 253. LE STATISTICHE Intendiamoci, quelli che gli esperti chiamano “disturbi specifici dell’apprendimento” (dsa) e noi siamo abituati a liquidare come “dislessia” sono una caratteristica che impegna una fetta considerevole dei nostri ragazzi: alcune recenti statistiche stimano che circa due milioni di italiani abbiano un disturbo specifico dell’apprendimento, di questi 350mila sono in età scolare e ragazzi universitari. In media in ogni classe tricolore c’è un bambino con questi disturbi. Non che il fatto, di per sé, rappresenti uno scoglio insormontabile: le sue capacità cognitive sono intatte, il suo quoziente intellettivo è perfettamente nella norma e, con i giusti stimoli, anche lui può raggiungere i risultati dei propri compagni di banco. Semplicemente ha bisogno di strumenti didattici differenti e chi,magari da anni, osserva questi bimbi al di là della cattedra racconta che la dislessia è molto simile alla miopia: con un corretto paio di occhiali si risolve. Nel novero delle scuole “amiche della dislessia”, c’è di tutto: istituti comprensivi (2.785), licei e istituti tecnici (352),circoli didattici (261)e addirittura 88 scuole prima rie non statali. Segno che la sensibilità resta alta un po’ ovunque. Il risultato, alla fine,è uno soltanto: mettere a disposizione dei piccoli utenti che ne hanno bisogno strumenti e metodologie educative inclusive, validate al termine di un percorso formativo che è stato pensato di proposito. «Il nostro progetto è partito da una fase di ricerca in 30 scuole e solo dopo questo passaggio abbiamo proceduto con l’elearning in piena regola», racconta Luciana Ventriglia, docente specializzata in pedagogia clinica e uno dei responsabili scientifici dell’Aid. «In collaborazione con il Miur abbiamo messo a disposizione dei docenti sia materiale informativo che video-lezioni, da ottobre dell’anno scorso fino al giugno 2017, e la ricezione da parte degli addetti ai lavori è stata molto alta. Gli insegnanti volevano sapere il più possibile, l’aspetto sicuramente più complicato è la traduzione in termini operativi del cambiamento necessario nelle strategie didattiche e metodologiche nel quotidiano». Le avvisaglie per capire anzitempo quando in ballo c’è questo disturbo sono anche molto semplici da individuare: «Il bambino con dislessia legge con fatica e impiega molto tempo perché non automatizza la lettura», spiega Ventriglia, «quello con discalculia manifesta difficoltà nella memorizzazione delle tabelline e quello con disortografia incappa spesso in errori che si ripetono, come scambiare suoni che sono simili dal punto di vista percettivo (d/t ; f/v; p/b...) nelle produzioni scritte». IL FUTURO Nulla di cui preoccuparsi, s’è detto, basta dare ai bambini i supporti più adeguati e il gioco è fatto. Anche in casa Fondazione Tim sono soddisfatti. Il progetto “dislessia amica” è solo il primo di una serie di tre che coinvolgeranno l’ospedale Bambino Gesù,l’Istituto Superiore di Sanità e il Cnr. «La nostra fondazione conferma il suo impegno nel campo della dislessia», commenta Paolo Teoducci,il direttore generale, «lo screening precoce accessibile a tutti e una scuola più inclusiva, tra i bisogni prioritari per i dsa individuati in un confronto tra esperti nel 2015, sono ora una realtà grazie alla tecnologia. Tutto questo lo stiamo raccontando anche attraverso una campagna di comunicazione caratterizzata dall’hashtag #disleggo, che vuole stimolare curiosità e creare consapevolezza su questo tema. Siamo orgogliosi di contribuire con queste iniziative alla crescita economica e sociale del nostro Paese». Dal 2009 Fondazione Tim si dedica a progetti incentrati sulla dislessia con libri digitali, strumenti compensativi, screening e formazione. E già guarda al futuro. In collaborazione con l’Istituto Superiore Mario Boella di Torino, sta infatti esplorando come la realtà virtuale e le altre tecnologie ad essa collegate (come i video a 360 gradi o la mixed reality) possano essere utili e di valore per l’insegnamento e la didattica inclusiva.