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Le quattromila scuole col bollino che aiutano gli alunni dislessici

Già disponibile la mappa degli istituti con strumenti adeguati e professori preparati per il disturbo dell’apprendimento che riguarda 350mila studenti
di Francesco Biscaro domenica 15 ottobre 2017

4' di lettura

Oltre 4mila scuole certificate per la dislessia. Con tanto di bollino dedicato e insegnanti formati appositamente per seguire bambini e ragazzi alle prese con questo disturbo. È attiva da una manciata di ore la piattaforma realizzata da Fondazione Tim (www.dislessia.fondazionetim.it) che propone il primo approccio digitale integrato in Italia mettendo a disposizione di famiglie,docenti,studenti e pediatri, strumenti tecnologici innovativi per sostenere genitori e scuole nell’affrontare questo disturbo, anche per screening precoci. Si parte con una vera e propria mappa degli istituti scolastici italiani che hanno superato le “selezioni” dell’Associazione italiana dislessia (Aid) e da oggi sono direttamente consultabili in questo grande database alla portata di tutti. Basta smanettare qualche minuto davanti al computer e a colpi di click si può individuare il liceo omologato più vicino a casa.Collegarsi per credere. Su circa 5mila plessi coinvolti nel progetto hanno ottenuto la certificazione in 4.342,per un totale di ben 123.824 docenti promossi a pieni voti: da Sondrio a Palermo, insomma, le classi dello Stivale diventano sempre più attente alle esigenze degli alunni dislessici. E la fotografia, cartina geografica alla mano,parla da sola: nella provincia di Napoli ci sono 402 istituti iscritti all’iniziativa, in quella di Roma 394 e nel milanese 253. LE STATISTICHE Intendiamoci, quelli che gli esperti chiamano “disturbi specifici dell’apprendimento”  (dsa) e noi siamo abituati a liquidare come “dislessia” sono una caratteristica che impegna una fetta considerevole dei nostri ragazzi: alcune recenti statistiche stimano che circa due milioni di italiani abbiano un disturbo specifico dell’apprendimento, di questi 350mila sono in età scolare e ragazzi universitari. In media in ogni classe tricolore c’è un bambino con questi disturbi. Non che il fatto, di per sé, rappresenti uno scoglio insormontabile: le sue capacità cognitive sono intatte, il suo quoziente intellettivo è perfettamente nella norma e, con i giusti stimoli, anche lui può raggiungere i risultati dei propri compagni di banco. Semplicemente ha bisogno di strumenti didattici differenti e chi,magari da anni, osserva questi bimbi al di là della cattedra racconta che la dislessia è molto simile alla miopia: con un corretto paio di occhiali si risolve. Nel novero delle scuole “amiche della dislessia”, c’è di tutto: istituti comprensivi (2.785), licei e istituti tecnici (352),circoli didattici (261)e addirittura 88 scuole prima rie non statali. Segno che la sensibilità resta alta un po’ ovunque. Il risultato, alla fine,è uno soltanto: mettere a disposizione dei piccoli utenti che ne hanno bisogno strumenti e metodologie educative inclusive, validate al termine di un percorso formativo che è stato pensato di proposito. «Il nostro progetto è partito da una fase di ricerca in 30 scuole e solo dopo questo passaggio abbiamo proceduto con l’elearning in piena regola», racconta Luciana Ventriglia, docente specializzata in pedagogia clinica e uno dei responsabili scientifici dell’Aid. «In collaborazione con il Miur abbiamo messo a disposizione dei docenti sia materiale informativo che video-lezioni, da ottobre dell’anno scorso fino al giugno 2017, e la ricezione da parte degli addetti ai lavori è stata molto alta. Gli insegnanti volevano sapere il più possibile, l’aspetto sicuramente più complicato è la traduzione in termini operativi del cambiamento necessario nelle strategie didattiche e metodologiche nel quotidiano». Le avvisaglie per capire anzitempo quando in ballo c’è questo disturbo sono anche molto semplici da individuare: «Il bambino con dislessia legge con fatica e impiega molto tempo perché non automatizza la lettura», spiega Ventriglia, «quello con discalculia manifesta difficoltà nella memorizzazione delle tabelline e quello con disortografia incappa spesso in errori che si ripetono, come scambiare suoni che sono simili dal punto di vista percettivo (d/t ; f/v; p/b...) nelle produzioni scritte». IL FUTURO Nulla di cui preoccuparsi, s’è detto, basta dare ai bambini i supporti più adeguati e il gioco è fatto. Anche in casa Fondazione Tim sono soddisfatti. Il progetto “dislessia amica” è solo il primo di una serie di tre che coinvolgeranno l’ospedale Bambino Gesù,l’Istituto Superiore di Sanità e il Cnr. «La nostra fondazione conferma il suo impegno nel campo della dislessia», commenta Paolo Teoducci,il direttore generale, «lo screening precoce accessibile a tutti e una scuola più inclusiva, tra i bisogni prioritari per i dsa individuati in un confronto tra esperti nel 2015, sono ora una realtà grazie alla tecnologia. Tutto questo lo stiamo raccontando anche attraverso una campagna di comunicazione caratterizzata dall’hashtag #disleggo, che vuole stimolare curiosità e creare consapevolezza su questo tema. Siamo orgogliosi di contribuire con queste iniziative alla crescita economica e sociale del nostro Paese». Dal 2009 Fondazione Tim si dedica a progetti incentrati sulla dislessia con libri digitali, strumenti compensativi, screening e formazione. E già guarda al futuro. In collaborazione con l’Istituto Superiore Mario Boella di Torino, sta infatti esplorando come la realtà virtuale e le altre tecnologie ad essa collegate (come i video a 360 gradi o la mixed reality) possano essere utili e di valore per l’insegnamento e la didattica inclusiva.

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