Open Fiber ha concluso in Sicilia il Piano Banda Ultra Larga (BUL), uno dei progetti infrastrutturali più importanti degli ultimi anni.
L’intervento ha riguardato circa 300 comuni dell’isola, portando la fibra ottica ultraveloce FTTH (Fiber To The Home) in territori che fino a pochi anni fa erano esclusi dalle grandi reti di comunicazione digitale. Un investimento da 239 milioni di euro, con l’obiettivo di superare il digital divide e garantire un accesso equo all’innovazione tecnologica. «Con la chiusura del Piano BUL in Sicilia – ha dichiarato Giuseppe Gola, Amministratore delegato di Open Fiber – raggiungiamo un traguardo strategico in una delle regioni più significative del Sud, che ha sempre dimostrato una forte attenzione verso l’innovazione tecnologica. Questo Piano è stato concepito per garantire anche ai cittadini dei piccoli comuni una connessione all’altezza di quella disponibile nei grandi centri urbani, e oggi possiamo affermare con orgoglio di aver costruito in Sicilia un’infrastruttura digitale all’avanguardia».
Il piano ha permesso la posa di oltre 4.500 chilometri di fibra ottica, con l’attivazione del servizio FTTH per circa 380mila unità immobiliari, 261mila collegate in FWA (Fiber Wireless Access) e oltre 2.000 sedi della Pubblica amministrazione, tra cui scuole, ospedali e forze dell’ordine. Si tratta di una rete capace di raggiungere velocità fino a 10 Gigabit al secondo, riducendo il consumo energetico del 60% rispetto alle vecchie tecnologie in rame. Ma l’importanza di questa infrastruttura va ben oltre le prestazioni tecniche. La disponibilità di una rete capillare e ultraveloce apre la strada a una nuova generazione di servizi: telemedicina avanzata, didattica digitale inclusiva, smart agriculture, videosorveglianza intelligente, mobilità elettrica e sistemi IoT per la gestione del territorio. In ambito sanitario, ad esempio, sarà possibile attivare servizi di monitoraggio remoto e consulti a distanza anche nelle aree interne, migliorando l’accessibilità alle cure.
Come ha evidenziato l’AD Gola, «ora è essenziale incentivare l’adozione della rete FTTH per migliorare la vita dei cittadini, rafforzare le imprese locali e contrastare lo spopolamento delle aree interne». Infatti, nonostante l’infrastruttura sia stata completata, l’effettivo utilizzo da parte degli utenti resta una sfida. Il “take-up” nelle aree bianche dell’isola si attesta al 6,9%, ben al di sotto della media europea (54%) e lontano da paesi come Spagna e Francia, dove si supera l’80%. Per questo Open Fiber ha lanciato iniziative come “100% Fibra Vera”, un progetto pilota per migrare interamente alcuni comuni dalla vecchia rete in rame a quella in fibra. A Brolo, in provincia di Messina, il progetto ha già registrato risultati concreti.
Parallelamente al piano BUL, Open Fiber ha investito altri 350 milioni di euro in Sicilia per cablare le principali aree urbane: Palermo, Catania, Messina, Siracusa, Trapani, Ragusa e molte altre città sono oggi raggiunte dalla rete FTTH, con una copertura di 928mila unità immobiliari e quasi 250mila clienti attivi. Un ruolo chiave nel futuro digitale dell’isola lo giocheranno anche gli Edge Data Center, centri di elaborazione periferici connessi interamente in fibra, che permetteranno di ridurre la latenza e abilitare applicazioni ad alta intensità di dati come l’industria 4.0, i servizi cloud distribuiti, la guida autonoma e le smart city. I primi nodi – anche a Palermo e Catania – sono già in costruzione e potranno rafforzare l’attrattività del territorio per imprese e investimenti high-tech.
La realizzazione di questa infrastruttura ha incrociato anche storie emblematiche. Proprio in Sicilia, nell’area dello Stretto di Messina, Open Fiber ha raggiunto un record mondiale di velocità – 81,6 terabit al secondo – su una sola fibra. A Gela, invece, la posa della rete ha portato alla scoperta di una necropoli protocorinzia, che sarà trasformata in museo all’aperto. «In Sicilia – ha concluso Gola – abbiamo guardato al futuro, tenendo lo sguardo ben saldo anche sul nostro passato. L’innovazione non è solo una sfida tecnologica, ma una responsabilità culturale e sociale. Abbiamo costruito infrastrutture, ma anche connessioni tra territori, comunità e generazioni».