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Grazie a Matteo non vedremo più certi ministri

Dai disastri di Saccomanni alla nullità di Zanonato fino alle telefonate della Cancellieri:finalmente qualcuno li ha rottamati
di Ignazio Stagno domenica 16 febbraio 2014

5' di lettura

 Non c’è ancora il giuramento, che anzi pare slittare di ora in ora, e  non c’è neppure la lista ufficiale dei ministri, i quali da dodici che dovevano essere paiono già diventati sedici e di qui alla cerimonia di insediamento chissà quanti potrebbero essere. Ciò nonostante bisogna dar atto a Matteo Renzi di aver già portato a casa un risultato più che positivo. Grazie a lui, alla sua brusca conversione per la staffetta a Palazzo Chigi con cui ha dimissionato Enrico Letta, dalla scena politica spariranno una serie di personaggi di cui non sentiremo la mancanza.  Il primo della lista è senz’altro il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, un grigio burocrate prestato alla Patria direttamente dalla Banca d’Italia. Per la verità sarebbe più corretto dire riciclato invece di prestato. L’uomo infatti era un trombato di lusso cioè uno di quei funzionari che fallita la promozione si accomodano in attesa di un altro incarico, consolandosi con un lauto stipendio. Saccomanni avrebbe dovuto diventare governatore dell’istituto centrale, ma poi avendo contro Giulio Tremonti fu costretto a restare dov’era e per numero uno di via Nazionale fu scelto Ignazio Visco. Come risarcimento, quando si trattò di fare il governo Letta, gli fu offerto il ministero più importante, quello dell’Economia. Peccato che il nostro non abbia alcuna sensibilità politica, ma solo quella per i numeri, così in pochi mesi ha accumulato una gaffe dietro l’altra, parlando spesso quando avrebbe dovuto stare zitto. Si deve a lui la confusione sull’Imu, perché nei giorni pari l’abolizione dell’imposta sembrava certa, ma nei giorni dispari tornava in alto mare. Risultato, fino all’ultimo gli italiani non hanno saputo se avrebbero dovuto pagare o meno, così, nel dubbio, hanno deciso di non spendere e di non consumare, perché con certi ministri non si sa mai, la sorpresa è sempre dietro l’angolo. In sovrappiù, Saccomanni, il ministro più tecnico che ci fosse, si è fatto sorprendere in trattoria mentre sparlava di Silvio Berlusconi, rivelando non solo di essere al di sotto delle parti, ma anche di avere la lingua lunga e - a differenza di quanto ci si attenderebbe da un banchiere di via Nazionale - nessun senso della riservatezza. Si aggiunga a questo che nei mesi in cui lui è rimasto al ministero dell’Economia le cose sono andate peggio e si capisce perché non lo rimpiangiamo ma assistiamo al suo congedo con un certo entusiasmo. Saccomanni non è però il solo ministro cui diciamo addio ben volentieri. A lui si unisce Cécile Kyenge, la signora cui Enrico Letta aveva affidato la delega all’Integrazione e ai giovani. Per quanto riguarda questi ultimi non ci risulta che la dottoressa congolese abbia mai fatto nulla, mentre per l’integrazione anche. Di suo ci ricordiamo solo la polemica a distanza con il marito, il quale proprio in un’intervista al nostro Giacomo Amadori aveva punzecchiato la moglie. A parte la lite coniugale, della Kyenge non resta altro. I suoi dieci mesi da ministro sono trascorsi fra le polemiche solo perché qualche leghista ogni tanto ci andava giù pesante, usando parole poco gentili. Non ci fossero state le battute e gli insulti, la signora invece di finire in prima pagina non sarebbe mai stata nemmeno citata, tanto è stato ininfluente il suo lavoro. Addio dunque Kyenge, a mai più rivederci: all’integrazione, quella vera che non si fa con i dibattiti e gli slogan, ci penserà qualcun altro, probabilmente gli imprenditori, i quali se danno lavoro producono più risultati di mille Kyenge e di mille chiacchiere attorno al tema dell’immigrazione. Oltre a Saccomanni e Kyenge, primi nella classifica di chi è meglio perdere che trovare, non possiamo dimenticare Flavio Zanonato, ministro dello Sviluppo economico che in pochi mesi è riuscito a fare tutto tranne che sviluppare l’economia. Di lui ricorderemo soprattutto le inconcludenti gestioni delle crisi aziendali, da quella del gruppo Riva per finire a quella della Electrolux. A parte le interviste ai giornali e la partecipazione ai convegni industriali, Zanonato non ha fatto nulla. Che ci fosse o meno, l’economia avrebbe ottenuto gli stessi risultati, cioè zero. Strapparlo a Padova, la città che amministrava, dunque è stato un errore. O forse è stato giusto, ma solo per Padova. Nella lista degli addii senza rimpianti non possiamo non ricordare il ministro della Giustizia, l’ex prefetto Annamaria Cancellieri. Arrivata al dicastero di via Arenula con una solida fama di funzionaria dello stato ne esce con un’altrettanto solida fama di telefonista della famiglia Ligresti. Invece di occuparsi degli italiani in attesa di giustizia e di quelli che devono fare i conti con l’ingiustizia perché vittime di errori giudiziari, la Guardasigilli si è dimostrata preoccupata per gli amici di famiglia, dandosi in particolar modo da fare per Giulia Ligresti. Una volta scoperte dai magistrati le telefonate, Annamaria Cancellieri non ha avuto il buon gusto di togliere il disturbo e, approfittando delle condizioni di totale precarietà del governo Letta, è rimasta al suo posto. Per molto meno (una frase fuori posto a proposito di Marco Biagi) Claudio Scajola è stato costretto ad andarsene. Lei, che di frasi fuori posto al telefono ne ha dette molte, invece ha rifiutato di dare le dimissioni continuando a negare l’evidenza. Ben venga dunque il cambio della guardia e onore a Renzi che la liquida. Tra chi non ci mancherà sono da segnalare anche Massimo Bray, ministro della Cultura noto alle cronache solo per essere andato in visita prendendo la metropolitana, e Enrico Giovannini, responsabile del Lavoro il cui unico lavoro è consistito in questi mesi nell’annunciare riforme mai giunte a destinazione. Di quest’ultimo si segnalano le molte partecipazioni ai talk show: adesso speriamo che si riposi. Come abbiamo detto, la decisione di Renzi di licenziare in malo modo Enrico Letta non è delle più apprezzabili e noi avremmo preferito che alle dimissioni del governo seguissero delle libere elezioni. Ciò detto, averci liberati da Saccomanni, Kyenge, Zanonato, Cancellieri, Giovannini e Bray, in qualche modo ci rende il sindaco di Firenze per lo meno simpatico. Il rottamatore sarà un ducetto, ma sa fare buon uso degli stivali. di Maurizio Belpietro @BelpietroTweet

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