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Facci: i magistrati lavorano poco

In ferie, imboscati o fuori stanza: trovare i magistrati è un’impresa. E poi protestano per la mancanza di risorse
di Andrea Tempestini domenica 26 gennaio 2014

4' di lettura

La Guardasigilli non ha voglia di litigare coi magistrati - non è proprio il momento - e questa è la spiegazione più seria che meriti la sua uscita di ieri, quella secondo la quale ci sono 9 milioni di fascicoli pendenti e però «l’Unione europea colloca la magistratura italiana ai primi posti in termini di produttività». Un’asserzione che non sta in piedi comunque la si metta, e che lascia intatta la nostra curiosità professionale di apprendere quali dati abbia consultato il Ministro: anche girovagando per i rapporti del Consiglio d’Europa (segnatamente del Cepej, Commission européenne pour l’efficacité de la justice) non abbiamo trovato alcun dato che giustifichi uscite del genere, anzi, risulta che l’Italia sia agli ultimi posti in tutto. Ma probabilmente ci sbagliamo noi.   Ecco perché lo confessiamo: siamo fermi al luogo comune, e questo pur frequentando i palazzi di giustizia spesso e malvolentieri. Il luogo comune resta questo: i magistrati lavorano mediamente poco, non di rado il dottore «oggi non c’è» mentre caio «oggi lavora a casa», con sempronio che «oggi non è venuto». Siamo fermi ai pochi che si sobbarcano il lavoro di molti, e ai molti che spesso sono imboscati o fuori stanza: che è ciò che capita ai funzionari e ai dipendenti statali come lo sono i magistrati, con la sola differenza che i togati non timbrano il cartellino.  Ecco perché, a parlar con loro, sembra quasi di parlare col corpo docente della scuola italiana: le lamentele sono identiche e tra queste c’è «la mancanza di risorse», un classico. Se di pomeriggio i tribunali sono deserti (come nel periodo estivo: una cosa che non esiste in nessun altro paese serio) la colpa invece è della «cattiva organizzazione». Uno sgobbone come Francesco Ingargiola, presidente della Corte d’Appello di Caltanissetta, però disse un’altra cosa: «Nei tribunali il problema principale è proprio questo, far lavorare e motivare i giudici; perché se la giustizia è al capolinea non è colpa solo di leggi farraginose, ma anche di molti colleghi che non lavorano a sufficienza».  Ma guai a dirlo. Vanno in prescrizione 450 processi al giorno, ma siamo «ai primi posti in termini di produttività», l’ha detto il Ministro. Lentezza equivale a ingiustizia, ma i 51 giorni di ferie l’anno dei magistrati - record italiano - con questo non c’entrano niente. E chissà come mai, quando l’ex ministro Renato Brunetta propose i tornelli a palazzo di Giustizia, un sondaggio pubblicato dal Corriere della Sera (ottobre 2008) vide favorevole l’80 per cento dei votanti: forse tutti malinformati, vittime di percussive campagne berlusconiane. Anche Giuliano Pisapia, sindaco di Milano ma soprattutto avvocato, lo disse chiaramente: «Lavorano poco». Pisapia suggerì addirittura che si facesse come quel procuratore capo che, ogni mattina, bussava dai vari magistrati per dargli il buongiorno: una sorta di appello.  Eppure, per qualche ragione che sa di sacralità, le toghe sono sottratte al computo dei fannulloni della pubblica amministrazione: forse perché affianco ai lavativi ci sono anche gli stakanovisti, quelli per fortuna ci sono sempre. A Napoli, dall’iscrizione alla richiesta di rinvio a giudizio per Berlusconi, il procedimento per il caso Saccà impiegò 32 giorni, feste comprese. L’Appello del caso Mills l’hanno sbrigato in un mese e mezzo e le motivazioni erano state depositate in 15 giorni anziché in 90: così il ricorso in Cassazione fu velocizzato. Il primo grado aveva fatto sfilare 47 udienze in meno di due anni, lavorando - sacrilegio - anche sino al tardo pomeriggio, talvolta nei weekend.  Ma lasciamo perdere questo, non facciamoci fuorviare. Restiamo ai sette anni per mandare in primo grado un processo per usura (a Milano) e un minimo di cinque anni (nel resto d’Italia) per un qualsiasi penale. E perché? Perché mancano le risorse, certo, cattiva organizzazione, come no, e poi manca la carta per le fotocopie, del resto Tizio è in malattia, la segretaria è in maternità: le solite cose che secondo l’Associazione nazionale magistrati costituiscono i soli problemi «strutturali» che ci vedono in coda alle classifiche mondiali sulla giustizia. I nostri processi durano dieci volte più della Francia e cinquanta volte più della Gran Bretagna: forse è perché li facciamo meglio, anche perché - l’ha detto il ministro - la nostra magistratura è la più efficiente d’Europa. Forse è per questo che la paghiamo così bene: gli stipendi dei nostri togati sono tra i più alti d’Europa: se si mettono a confronto prima e dopo l’ingresso nella moneta unica, ci si accorge che sono cresciuti circa del 30 per cento in 5 anni, e circa del 60 per cento in 10 anni. È giusto, tanta efficienza va premiata. I ritardi nelle condanne comportano una rifusione danni di 387 milioni di euro a cura del contribuente (rileggere la cifra, grazie) ma abbiamo i magistrati più efficienti d’Europa, l’ha detto il ministro e quindi sarà vero. di Filippo Facci

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